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Lettera a mio figlio di Alessandro Pugi

Oggi il sole splen­de e men­tre fac­cio una fuga­ce cola­zio­ne osser­vo la stra­da. Vedo pas­sa­re un pul­mi­no del­la scuo­la che ha pre­le­va­to dei bam­bi­ni a Casa del Duca e pen­so a mio figlio. Li vedo sor­ri­de­re feli­ci, sma­net­ta­re, con quei muset­ti appic­ci­ca­ti ai fine­stri­ni pron­ti a vive­re un’esperienza uni­ca: la famo­sa “gita sco­la­sti­ca”.
Chi di noi non ha aspet­ta­to con ansia, con tre­pi­da­zio­ne, la par­ten­za per la gita sco­la­sti­ca? Cre­do tut­ti. Eppu­re a mio figlio è sta­ta pre­clu­sa così come a tut­ti i suoi com­pa­gni di clas­se. Per­ché mi doman­da? Non so rispon­der­gli e dar­gli una spie­ga­zio­ne logi­ca e que­sto mi ram­ma­ri­ca in modo inim­ma­gi­na­bi­le. Le clas­si ter­ze del­la scuo­la Bat­ti­sti, non pos­so­no anda­re in gita poi­ché sono clas­si “inge­sti­bi­li”, que­sto il rife­ri­men­to ai bam­bi­ni nell’ultima riu­nio­ne di clas­se effet­tua­ta pres­so il ples­so sco­la­sti­co. Inge­sti­bi­le è un ter­mi­ne che rap­pre­sen­ta l’incontrollabile, l’ingovernabile. Due clas­si di 3^? Bam­bi­ni di 8/9 anni? E che cosa avre­te fat­to mai di così gra­ve, chie­do. Ho sba­glia­to come geni­to­re? Non ti ho edu­ca­to a dove­re? No, la spie­ga­zio­ne è che i bam­bi­ni non alza­no la mano quan­do chie­do­no spie­ga­zio­ni, par­la­no tra di loro inter­rom­pen­do la mae­stra, e quan­do fan­no ricrea­zio­ne, obbli­ga­to­ria­men­te all’interno del­la clas­se per­ché nel salo­ne cen­tra­le cor­ro­no e potreb­be­ro far­si male, a vol­te fan­no gio­chi poco tran­quil­li. Com­por­ta­men­ti comu­ni a tut­ti i bam­bi­ni di quest’età pen­so. Ah… e non dimen­ti­chia­mo­ci che spes­so devo­no esse­re richia­ma­ti due/tre vol­te pri­ma che rispon­da­no. Dei veri “serial kil­ler” mi vie­ne allo­ra da dire. Quin­di è il tuo com­por­ta­men­to a esse­re sba­glia­to? Il pic­co­lo mi rispon­de con voce qua­si som­mes­sa: “bab­bo, ma non è così. O meglio non lo è per tut­ti. Da quan­do ave­te chie­sto agli inse­gnan­ti di far met­te­re le note per chi si com­por­ta­va male, cre­do che nes­su­no di noi ne abbia pre­sa una”. Lo guar­do e sor­ri­do. Un sor­ri­so ama­ro, dispia­ciu­to per l’occasione per­sa.
Discri­mi­na­ti? Mal gesti­ti? Non so qua­le sia la paro­la cor­ret­ta da uti­liz­za­re in que­sto caso, cer­to è che mio figlio oggi andrà all’allenamento di cal­cio e lo farà con solo altri 3 suoi coe­ta­nei e com­pa­gni di clas­se, per­ché tut­ti gli altri sono in “gita sco­la­sti­ca”.

 

Ales­san­dro Pugi

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