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Manchette di prima

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Massimo Scelza ricorda Marcello d’Arco

Non so da quan­to conosce­vo Mar­cel­lo. Sicu­ra­mente lui mi conosce­va già in fasce per­ché quel grup­po di ami­ci, di cui i miei era­no parte, vive­va allo­ra in larga parte alle Foci, alla Res­i­den­za del Sole. Io nem­meno me ne ricor­do ma mi han­no sem­pre rac­con­ta­to che la sera si trova­vano per cenare tut­ti insieme con­div­i­den­do quel­lo che ave­vano prepara­to.
Valenti­na ha la mia età men­tre Francesco (Cac­co a casa D’Ar­co) ha due anni di più per cui ha vivo il ricor­do di quel peri­o­do. Pro­prio con lui anni dopo ci siamo ritrovati a Pisa, in trasfer­ta uni­ver­si­taria da stu­den­ti poco stu­diosi, diven­tan­do gran­di ami­ci.
Con Mar­cel­lo e Pao­la ricor­do poi le cene di quel grup­po di ami­ci con Alvaro, i Frati­ni, i Gas­par­ri, i Moret­ti e i Del Tor­to, a cui si aggiungevano, di vol­ta in vol­ta per­son­ag­gi porto­fer­raiesi del cal­i­bro di Lucio Boni o Cesare Stri­na (del quale ricor­do una ser­a­ta nel­la quale, attac­ca­to al res­pi­ra­tore rac­con­ta­va e ride­va fino a perdere e far­ci perdere il fia­to!).
E’ pro­prio di quegli anni l’aned­do­to che nei miei ricor­di rac­con­ta meglio di tut­ti la sim­pat­i­ca genial­ità di Mar­cel­lo D’Ar­co.
Era uno di quei peri­o­di nei quali a me e Francesco veni­va richiesto di “ritornare all’ovile” per preparare un esame sot­to l’at­ten­to con­trol­lo dei nos­tri che, imman­ca­bil­mente, ci rin­fac­cia­vano la poca voglia di stu­di­are. Nel pomerig­gio c’er­ava­mo sen­ti­ti e dati appun­ta­men­to alle 19 per andare a fare un aper­i­ti­vo da Ansel­mo. Pun­tuale alle 18.55 mi pre­sen­to sot­to casa, in piaz­za Dante e Francesco altret­tan­to pun­tuale esce dal por­tone e entra in macchi­na.
A quel pun­to arri­va Mar­cel­lo in motori­no e si avvic­i­na al lato passeg­gero. Noi abbassi­amo il finestri­no, lui si pie­ga e ci gela: “Andate a ripète?”

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