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Manchette di prima

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La Young Reporter Angelica Ricci racconta Giorgio Mazzei, maestro d’ascia dell’Isola d’Elba

Pas­seg­gian­do per il por­to di Rio Mari­na, ci si può imbat­te­re nel pic­co­lo labo­ra­to­rio in cui Gior­gio Maz­zei pla­sma il legno come si era soli­ti fare tan­ti anni fa, por­tan­do avan­ti una tra­di­zio­ne ormai rara: il mae­stro d’a­scia. Una sto­ria, la sua, che meri­ta di esse­re rac­con­ta­ta e tra­man­da­ta. Il rap­por­to fra uomo e bio­sfe­ra, nel­la Riser­va MAB UNESCO Iso­le di Tosca­na, è infat­ti un’u­nio­ne fra sto­ria, iden­ti­tà e sape­ri anti­chi e nuo­vi, da sal­va­guar­da­re e promuovere.
Gior­gio ha ere­di­ta­to mestie­re e sape­re dal padre, seguen­do­ne le orme e, da più di ven­t’an­ni, costrui­sce bar­che in legno su com­mis­sio­ne. La crea­zio­ne dei goz­zi è un pro­ces­so qua­si arti­sti­co e si per­ce­pi­sce il valo­re di que­sta tra­di­zio­ne, che man­tie­ne sal­do il con­tat­to con il mare. Tut­ti i pas­sag­gi sono fat­ti inte­ra­men­te a mano, usan­do pochi attrez­zi e legni mal­lea­bi­li. Un pro­ces­so minu­zio­so e dif­fi­ci­le che solo mani esper­te, come le sue, pos­so­no com­pie­re con scioltezza.
È un lavo­ro lun­go e pre­ci­so quel­lo del mae­stro d’ascia. Per costrui­re un pic­co­lo goz­zo, Gior­gio, che lavo­ra da solo, impie­ga dai 3 ai 4 mesi. Si par­te con la rea­liz­za­zio­ne di un model­li­no in sca­la 1:10, spes­so è affian­ca­to da un dise­gno in cui sono ripor­ta­te gran­dez­za e posi­zio­ne del­le ordi­na­te, le vere e pro­prie costo­le del­la bar­ca, e le
misu­re per crea­re la chi­glia. Vie­ne quin­di crea­to tut­to lo sche­le­tro, fis­san­do le ordi­na­te con del­le viti sul­lo sca­fo, poi rico­per­to da uno stra­to di com­pen­sa­to mari­no. Le rifi­ni­tu­re fina­li cam­bia­no in base alla tipo­lo­gia costrui­ta e Gior­gio le deco­ra con un pren­di­so­le e una pan­chet­ta a prua, per tene­re uni­te le due par­ti del­lo sca­fo, e infi­ne luci­da­te o dipinte.
Una tra­di­zio­ne che si sta per­den­do. La sto­ria del suo lavo­ro e del­la sua bot­te­ga è ormai par­te inte­gran­te di Rio Mari­na. In pae­se c’è sem­pre sta­to un mae­stro d’ascia: ini­zial­men­te si tra­va­ta nel­la loca­li­tà il Sas­so, in Cala­ta dei Vol­to­ni, dagli anni ‘50 sino ad ora.
La figu­ra di Gior­gio rac­chiu­de anni di sape­re, tra­man­da­to di padre in figlio, una sape­re che sta sva­nen­do. Tra turi­sti incu­rio­si­ti, signo­re che com­mis­sio­na­no libre­rie e anzia­ni che rac­con­ta­no di mare, nes­su­no sem­bra fer­mar­si a pen­sa­re a ciò che real­men­te rap­pre­sen­ta. Una par­te di Rio è con­ser­va­ta nei gesti con cui il legno è pla­sma­to. Il labo­ra­to­rio sem­bra bloc­ca­to nel tem­po, immer­so tra per­sia­ne da dipin­ge­re e sago­me per bar­che che, ormai, non si usa­no qua­si più. Di per­so­ne inte­res­sa­te a bar­che di legno, fat­te a mano, ce ne sono poche e Gior­gio custo­di­sce il ricor­do del­le ulti­me due che ha costrui­to. Sono rima­ste all’Elba, entram­be, come se non si potes­se­ro allon­ta­na­re trop­po da chi le ha crea­te con tan­ta dedizione.

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