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Manchette di prima

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Manchette di prima

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Un’ anno dal ripristino del simbolo Longonese

E’ già pas­sato un’ anno dal ripristi­no del sim­bo­lo lon­gonese, la Croce è tor­na­ta sul suo monte, più bel­la e sicu­ra­mente più resistente del­la prece­dente.
L’ Edi­co­la Elbana Show ringrazia nuo­va­mente sia l’ Ammin­is­trazione Comu­nale che tut­ti i volon­tari che han­no reso pos­si­bile tut­to questo.

Questo il com­men­to pre­so dal pro­fi­lo Face­book del Comune di Por­to Azzur­ro:

Alle 7.00 del 22 mag­gio 2019, esat­ta­mente un anno fa, le cam­pane del­la nos­tra chiesa avreb­bero inizia­to la loro dis­te­sa solenne: lassù, a Val di Capanne, svet­ta la Croce, la nuo­va Croce di Por­to Azzur­ro.
Ľ eli­cot­tero che ľave­va por­ta­ta gira­va anco­ra attorno alla “mon­tagna”, sui nos­tri tet­ti, men­tre un nugo­lo d’uo­mi­ni ne ulti­ma­va la mes­sa a pun­to. Gli ulti­mi sforzi dopo mesi di lavoro. Not­ti inson­ni e vivi, indelebili ricor­di. Il paese, per­lomeno quel­lo desta­to dal­l’in­soli­ta, fragorosa “mat­ti­na­ta”, segui­va la sce­na. Incred­u­lo.
A dis­tan­za di un anno, ľ Ammin­is­trazione Comu­nale — che non smet­terà mai di ringraziar tut­ti col­oro che han­no col­lab­o­ra­to — ha deciso di ricor­dare quel­l’even­to con alcune immag­i­ni , ripro­po­nen­do inoltre la breve cro­nis­to­ria del­la croce lon­gonese, “sim­bo­lo” del paese, emble­ma (per antono­ma­sia) del­la sper­an­za che non si arres­ta.

“Era l’aprile del ’39. Alba anon­i­ma, come tante altre. Soli­ta vita, soli­ti pen­sieri; di quel­li non se ne face­va a meno. L’incandescenza che di lì a poco avrebbe avvi­a­to la Sec­on­da Guer­ra Mon­di­ale, qua, all’Elba, c’arrivava sfi­ata­ta e mez­za cionca. Eppure, tra le vie, grande fer­men­to; non si parla­va d’altro. Le roc­ce di un’aspra col­li­na (innalza­ta al tito­lo di mon­tagna) che pare­van cin­gere il paese, da giorni, s’erano las­ci­ate pro­fanare: un formi­caio d’uomini, stremati, scelsero un sen­tiero, se l’inventarono affi­dan­dosi ai “bec­chi”: il fer­ro, por­ta­to a spal­la, era tan­to. I ragliati di quei poveri muli, su per Vil­la Tegh­i­ni, nes­suno poté dimen­ti­car­li. Ma la fat­i­ca paga, sem­pre. Avreb­bero dovu­to innalzare una gigan­tesca croce, vis­i­bile da ogni pun­to, soprat­tut­to dal mare. Il mate­ri­ale venne for­ni­to (gra­tuita­mente) dal cav. Francesco Rebua, diret­tore dell’ Assider, il quale affidò la cura dei lavori all’ ami­co sac­er­dote, don Car­lo Geri, par­ro­co dal 1911.
Ad opera con­clusa, dopo not­ti inson­ni, le cam­pane scior­i­narono a fes­ta e venne can­ta­ta mes­sa: il sim­bo­lo del­la Reden­zione, del­la Sper­an­za e del Risor­to prese a svettare impo­nente; quel monte sem­bra­va fat­to appos­ta! E lassù c’è rimas­to per qua­si ottant’anni, da eremi­ta. Sot­to quel ferreo abbrac­cio è trascor­sa la nos­tra sto­ria, rima­nen­do immor­ta­la­ta in prim­i­ge­nie fotografie, nei dis­eg­ni sen­za prospet­ti­va dell’asilo, nel­lo sguar­do di chi, anche per caso e sen­za par­ti­co­lare devozione, lev­a­va lo sguar­do al monte per affi­dar­gli un pen­siero.
Ora un’al­tra Croce è di nuo­vo al suo pos­to e la fat­i­ca di quei pesca­tori, in un modo o nell’altro, è sta­ta rin­fran­ca­ta da altre mani, altri uomi­ni, mag­a­ri nipoti dei pri­mi; uomi­ni che han­no sposato una volon­tà comune, facen­dosene cari­co (in tut­ti i sen­si)”.

Staff Edi­co­la Elbana Show

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