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Il grano ritrovato: Storia della farina di Biancolino e del suo ritorno all’Elba dopo più di un secolo

Felice Sapio è uno chef e in quan­to tale sa bene che ricer­ca, conoscen­za e scelta del prodot­to sono alla base del­la real­iz­zazione del miglior menù, un menù che sia sem­plice e accat­ti­vante, dal gus­to equi­li­bra­to e i sapori evoca­tivi ma allo stes­so tem­po sia leg­gero e ten­ga con­to del­la salute delle per­sone.
“È impor­tante affon­dare le mani nel­la cul­tura e nel­la tradizione dei luoghi in cui il menù viene pro­pos­to –affer­ma Chef Felice, orig­i­nario di , nato a Tori­no e adot­ta­to da Rio Mari­na, dove con la moglie Rober­ta gestisce l’Ho­tel Rio – la coni­ugazione tra sto­ria e tipic­ità è inevitabile e la ricer­ca diven­ta inces­sante, cer­care poi un prodot­to che non esistere più può sem­brare un’im­pre­sa impos­si­bile”.
Il prodot­to scom­par­so e ritrova­to a cui Sapio si riferisce è la fari­na di Bian­col­i­no, di uso comune all’El­ba fino agli inizi del ‘900.
“La Mono­grafia Agraria dell’isola d’Elba del Pul­lè è un testo sacro per chi ama stu­di­are la sto­ria del­la gas­trono­mia di questo ter­ri­to­rio e qui si par­la ampia­mente del gra­no Bian­col­i­no, la Cal­bi­gia bian­ca che, prob­a­bil­mente, deve il suo nome a ‘calvizie’, poiché si trat­ta di un gra­no cal­vo, sen­za reste – con­tin­ua Sapio – la sua fari­na è ric­ca di fibre e pro­pri­età organolet­tiche, è a bas­so con­tenu­to glicemi­co e poveris­si­ma di glu­tine. È per­fet­ta per pas­ta, pane, bis­cot­ti e dol­ci, ed è bian­chissi­ma, bian­ca come il lino appun­to”.
Per­ché è scom­parsa? La voglia di sod­dis­fare ques­ta curiosità ha dato a a Chef Felice Sapio la nec­es­saria ener­gia per iniziare la sua ricer­ca.
“Sull’isola non si tro­va più nes­suna trac­cia di ques­ta coltura dopo i prim­is­si­mi anni del ‘900. I motivi prin­ci­pali pos­sono essere diver­si: a metà del XIX sec­o­lo la ter­ra iniz­iò ad uscire dal­la cosid­det­ta pic­co­la glaciazione che era dura­ta cir­ca cinque sec­oli e il cam­bi­a­men­to cli­mati­co sicu­ra­mente influì sull’agricoltura, inoltre, la Cal­bi­gia è un gra­no che si ibri­da facil­mente e l’ipotesi che sia diraz­za­to per la vic­i­nan­za ad altri grani è molto plau­si­bile. Non bisogna poi dimen­ti­care che molte specie sono sem­plice­mente state abban­do­nate per­ché poco red­di­tizie e sos­ti­tu­ite da altre più idonee alle col­ture mod­erne come il taglio mec­ca­ni­co che preferisce grani più bassi”.
A questo pun­to si può ben dire che iI gra­no Bian­col­i­no sia sta­to ritrova­to gra­zie all’ostinata deter­mi­nazione, all’immaginazione intu­iti­va e ad un’accurata indagine eti­mo­log­i­ca: “Dopo l’apertura dei dazi volu­ta dal Gran­d­u­ca di Toscana alla fine del 700, trat­tan­dosi di gra­no pre­gia­to adat­to a con­fezionare pane bian­co per le tav­ole dei Sig­nori, la Cal­bi­gia venne presto colti­va­ta in tut­ta Italia cam­bian­do nome da zona a zona prob­a­bil­mente pren­den­do i nomi di chi la pro­duce­va. E così In Piemonte per esem­pio si chia­ma­va Bertone e a Napoli Caru­so… Dal­la Cam­pa­nia si dif­fuse al Sud col nome di Carusel­la o Carosel­la, in par­ti­co­lare in Basil­i­ca­ta e alcune zone di Puglia e Cal­abria ed è pro­prio lì, su un altip­i­ano del par­co del Polli­no gra­zie all’iso­la­men­to da altre col­ture e al lavoro di un mug­naio e del­la sua famiglia che questo prezioso prodot­to è rius­ci­to a soprav­vi­vere”.
Da ques­ta bel­lis­si­ma sto­ria e dal dono del seme rice­vu­to dal­la comu­nità di Caraglio (CN) nel­la per­sona del Dott. Lucio Alceri, respon­s­abile di un prog­et­to di rein­tro­duzione del gra­no Bertone nel­la Valle d’Oro in Piemonte, è nato all’Elba un prog­et­to anal­o­go per rein­serire il Bian­col­i­no e la sua pre­gia­ta fari­na nel­la coltura e nell’uso locale.
Il prog­et­to elbano ha pre­so il via il 18 novem­bre scor­so con la sim­bol­i­ca don­azione di 1 kg del prezioso seme alla comu­nità elbana rap­p­re­sen­ta­ta da alcu­ni volon­tari dell’associazione Elba Con­sapev­ole che, in col­lab­o­razione con il Comune di Rio Mari­na e l’Ente Par­co Minerario, si è fat­ta capofi­la di un più ampio prog­et­to di Semen­sario per il recu­pero di semi antichi pres­so il gia­rdi­no dell’antico Palaz­zo Gov­er­na­ti­vo di Rio Mari­na, all’interno del quale il Prog­et­to del Bian­col­i­no di Felice Sapio è sta­to accolto e si col­lo­ca per­fet­ta­mente.
Il giorno del­la sem­i­na del­la pri­ma metà del seme (la sec­on­da metà a mar­zo), si è trasfor­ma­to in un’ alle­gra fes­ta. Un even­to ulte­ri­or­mente alli­eta­to da un pran­zo e una meren­da a base di antichi piat­ti del­la tradizione tra cui spic­ca­vano i pani e i deliziosi dol­ci che le mani sapi­en­ti del nos­tro appas­sion­a­to chef-ricer­ca­tore ave­va prepara­to con la can­di­da fari­na, pro­tag­o­nista del­la gior­na­ta.
Ora che il gra­no è ger­mi­na­to è nec­es­sario ten­er­lo mon­i­tora­to per val­u­tarne la cresci­ta e la capac­ità di adat­ta­men­to.
“Sara un’opportunità di conoscen­za e di appro­fondi­men­to sul­la coltura del gra­no e la sua trasfor­mazione” con­clude Felice Sapio, e ci infor­ma che da dicem­bre 2021 fino alla rac­col­ta nel mese di giug­no 2022 sono già in pro­gram­ma una serie di appun­ta­men­ti legati a questo prodot­to ritrova­to.

Asso­ci­azione Elba Con­sapev­ole

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