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Manchette di prima

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Manchette di prima

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Ballata dell’acciaio

Ver­so la mari­na brul­la dove nac­que la storia
qua­le pit­to­re impres­sio­ni­sta lasce­rà il segno
con rusti­ca dol­cez­za e subli­me precisione?
Una foschia avvol­ge le bru­me campestri
pro­fu­ma di tame­ri­ci pian­gen­ti e d’alloro,
acca­rez­za il mir­to odo­ro­so e il bambù,
libe­ran­do il sole tie­pi­do d’un mattino
che si fa stra­da tra caso­la­ri disadorni.

Sfu­ma il ricor­do del pas­sa­to, in fondo
al bor­go ope­ra­io malan­da­to, dietro
il gri­gio del­le pol­ve­ri, dei carbonili
scom­par­si e del­le casci­ne superstiti
che oscu­ra­no tubi caden­ti di lamiera.
Piom­bi­no in fon­do alla stra­da osserva
i resti del pas­sa­to, le costruzioni
che copro­no deser­ti di spiagge.

E il rio­ne che cede alla campagna
non odo­ra d’acciaio e di carbone,
solo ricor­di e sogni, solo una chiesa
rac­col­ta nel silen­zio dei bastioni
e un mura­le ormai mesto e scrostato
che tra­sco­lo­ra nel gio­co del presente.
Fos­si­li d’acciaio, fumo inclemente
avvol­to nel­la foschia dei vec­chi fossi.

E nel subli­me incan­to del­la sera
che il Cor­nia dif­fon­de da millenni
sogno super­sti­te d’industria appe­na sorta,
una stra­da del Coto­ne sco­pre il mare,
tra le fra­sche intra­ve­di Portovecchio,
le luci dei lam­pio­ni, fan­ta­smi d’operai
den­tro capan­no­ni che non tornano,
non cedo­no al cam­mi­no del presente.

In lon­ta­nan­za ammas­si di rotoli
d’acciaio e tubi zin­ga­ti, vergelle
acca­ta­sta­te in mez­zo al niente
e un pano­ra­ma di lamie­re contorte,
un alto­for­no che crol­la su se stesso.
Gior­na­te ugua­li, vec­chia industria
nel lan­gui­do abban­do­no del­la storia
che riper­cor­re stra­de già battute.

Resta una teo­ria di capannoni,
for­se un rim­pian­to d’onde
e di tem­pe­sta, che sconvolge
cuo­ri di ragaz­zi innamorati.
Resta una pace stan­ca in mez­zo ai tubi
get­ta­ti in ter­ra, tra pra­ti d’amianto,
con un ricor­do stan­co di operai
e di sire­ne che suo­na­no per sera.

Que­sto ci resta d’una cit­tà operaia
e del suo pas­sa­to, ricor­di di macerie,
pol­ve­ri che vola­no, fra­si gettate
sopra un foglio bian­co, magico
incan­to per poe­sia da niente,
sen­za pen­sa­re a ingan­ni del passato
trop­po vici­ni, in fon­do, ai nostri lidi
che più non vedo­no por­ti­ne­rie distrutte.

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