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Manchette di prima

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Quello che l'altri dovrebbero di'

Manchette di prima

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Monserrato, 8 Settembre 2022 — Fabrizio Grazioso

Oggi più che mai il mon­do ha biso­gno di “mae­stri” di silen­zio: lo dice­va Ter­za­ni, lo ripe­to­no in con­cer­to reli­gio­ni e filo­so­fie d’ogni tem­po. E pro­prio del silen­zio s’innamorò — for­se (mi sia pas­sa­ta la licen­za nar­ra­ti­va) — il buon Jose­ph, il gover­na­to­re che nel 1606 ordi­nò la rea­liz­za­zio­ne di una pic­co­la cap­pel­li­na da dedi­ca­re alla Madon­na Nera, sin­ce­ro ‘trait d’union’ con la sua ter­ra. E in un luo­go sacro ed imper­vio, dove le mon­ta­gne attor­no for­ma­no una coro­na a mo’ cin­ta mura­ria, in tan­ti han cer­ca­to di coglie­re quan­to la quie­te e la tran­quil­li­tà d’una vita agre­ste potes­se offri­re; ma i frut­ti del­la vigna e dei cen­si non sareb­be­ro cer­to basta­ti: l’acedia non fa scon­ti a nes­su­no. Così, coi fra­ti pri­ma e gli ere­mi­ti dopo, la cura del tem­piet­to pas­sò inquie­ta di mano in mano, subì ritoc­chi (‘resty­ling’ direm­mo ades­so), creb­be di fama. Il ‘sacel­lum’ sel­vag­gio e pie­tro­so col­pì chiun­que vi faces­se visi­ta: si sali­va per chie­der gra­zie, per­ché la pre­ghie­ra fos­se più “vera”, maga­ri viva; e for­se la si sareb­be dav­ve­ro vista guiz­za­re innan­zi agli occhi, per­sa tra il fumo dei ceri d’altare, inse­guen­do il lati­no mac­che­ro­ni­co di un cap­pel­la­no che ogni gior­no — a pie­di — era costret­to a par­ti­re dal bor­go per cele­brar las­sù gli uffi­ci (per­lo­me­no fino alla metà del XVIII Seco­lo). Fu meta di navi­gan­ti, pre­la­ti e arti­sti. Del resto ne rima­se col­pi­to anche Napo­leo­ne, che il 6 set­tem­bre 1814 ven­ne ospi­ta­to da Andrea Tosi, gio­va­ne custode/eremita che in quel­le stan­ze sareb­be mor­to, vec­chio e ormai para­liz­za­to, all’indomani dell’Unità… dopo qua­si cinquant’anni di ‘deser­to’ (seb­be­ne non man­cas­se­ro momen­ti con­vi­via­li). Eppu­re è solo di not­te (e lon­ta­ni dal caos) che Mon­ser­ra­to indos­sa il vesti­to più bel­lo. Sem­pre. Con ogni ven­to, in ogni sta­gio­ne, ricor­dan­do­ci (silen­zio­so) il super­bo incan­to del­la semplicità.

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