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Manchette di prima

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L’ Addio di Federico Regini a Cesare Sangalli

Ieri è scom­par­so il gior­na­li­sta di ori­gi­ne elba­ne, Cesa­re San­gal­li, a cau­sa di un malo­re improvviso.
Io ho avu­to il pia­ce­re di cono­scer­lo mol­ti anni fa e in una sola cir­co­stan­za, però da allo­ra l’ho segui­to attra­ver­so il suo por­ta­le di infor­ma­zio­ne indi­pen­den­te www.altrevoci.it, una real­tà edi­to­ria­le atti­va da più di 15 anni, una voce sem­pre atten­ta a chi non ce l’ha, dove ho avu­to anche l’onore di esse­re ospi­ta­to in una recen­sio­ne del mio roman­zo a fir­ma di Miche­le Castelvecchi.
Cesa­re era anche diri­gen­te di Amne­sty Inter­na­tio­nal, una vita spe­sa dav­ve­ro per gli altri e vol­ta a capi­re e spie­ga­re cosa c’è die­tro ogni avve­ni­men­to al di là del­la noti­zia di fac­cia­ta for­ni­ta alla massa.
L’edicola si uni­sce al dolo­re di chi lo ha cono­sciu­to e vissuto.

Sot­to vi ripor­to il mani­fe­sto del suo fare gior­na­li­smo e infor­ma­zio­ne, che abbia­mo ripre­so dal sito.

Per­chè “Altre Voci”

Secon­do una defi­ni­zio­ne di scuo­la ame­ri­ca­na, la fun­zio­ne del gior­na­li­smo è quel­la di “afflig­ge­re i sod­di­sfat­ti e sod­di­sfa­re gli afflitti”.
“Altre voci” è il risul­ta­to del gior­na­li­smo (e del foto­gior­na­li­smo) che cre­de anco­ra in que­sta rigi­da, obso­le­ta, mora­li­sti­ca defi­ni­zio­ne. Più per espe­rien­za diret­ta che per atto di fede.
Per­ché par­lan­do soprat­tut­to del Sud del mon­do e dal Sud del mon­do, quel­lo che da noi è con­fu­so acqui­sta rapi­da­men­te chia­rez­za (che non vuol dire sem­pli­ci­tà, la com­ples­si­tà non si eli­mi­na a col­pi di dogmi).
Noi rac­con­tia­mo le cose che abbia­mo visto, a modo nostro e sen­za padro­ni, né diret­ti, né occul­ti. Per que­sto fac­cia­mo “Altre voci”. Lo slo­gan deci­de­te­lo voi. Io però un pun­to di rife­ri­men­to, sia det­to con la mas­si­ma umil­tà, ce l’avrei. E’ un pre­te pro­te­stan­te nero ucci­so a Mem­phis il 4 apri­le del 1968, che diceva:
“Met­te­te­ci in pri­gio­ne e noi vi ame­re­mo anco­ra. Man­da­te i vostri incap­puc­cia­ti sica­ri nel­le nostre case e noi vi ame­re­mo anco­ra. Ma sia­te sicu­ri che noi vi vin­ce­re­mo con la nostra capa­ci­tà di soffrire.
Un gior­no noi con­qui­ste­re­mo la liber­tà, ma non solo per noi stessi.
L’a­mo­re è il pote­re più dura­tu­ro che vi sia al mondo”.
E dice­va anche (e que­sto è il nostro sem­pli­ce motto):
“Se anche sapes­si che doma­ni fini­sce il mon­do, oggi stes­so pian­te­rei il mio albe­rel­lo di mele”.

Cesa­re Sangalli

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