Un semplice ricordo dell’inviato del Corriere dell Sera e presidente dell’Associazione stampa lombarda. Tobagi aveva 33 anni. Aveva al suo attivo numerosi articoli e saggi, soprattutto di storia del sindacalismo. Di lui e della sua vicenda possiamo interessarci leggendo utilmente anche il libro scritto dalla figlia, Benedetta, che nel 1980 aveva appena tre anni. Il suo primo libro è proprio dedicato al padre ed è uscito nel 2009 con il titolo «Come mi batte forte il tuo cuore» (Einaudi). Al libro fu assegnato il premio letterario Elba-Brignetti (38a edizione del 2010) e Benedetta Tobagi venne a presentare il suo libro prima del verdetto. Fu un bell’incontro che molti dei presenti ricordano con gratitudine. E con commozione, specie quando venne letto questo passaggio: «Hanno ucciso papà. ma queste cose succedono nei film, non può essere vero. I compagni dell’asilo non mi credono. Allora insisto: “Hanno ammazzato papà, gli hanno sparato, bum! bum!, con la pistola” e mimo con le dita la forma dell’arma. Una P38». E, come recita la quarta di copertina, si tratta di «un libro tenero e terribile in cui batte il cuore di un padre ritrovato». L’anniversario dell’uccisione di Tobagi aiuta anche a riflettere sull’attività giornalistica. Sull’indipendenza, il coraggio della verità. Mi sono piaciute le parole di Luca Geronico, che considera una luce la memoria di Tobagi. Premetto che il giornalista milanese, poco prima di morire, aveva scritto che i terroristi non erano «samurai invincibili». Scrive Geronico: «Una luce, per cercare il futuro dell’informazione, sapendo che neanche la notte delle fake news e dell’hate speech, della digitalizzazione selvaggia, della precarizzazione generalizzata, della concentrazione di potere economico e finanziario, della commistione, con la pubblicità, la notte di una debole deontologia e della strumentalizzazione da parte di nuovi e vecchi interessi di parte, neanche oggi sono “samurai invincibili”».
Nunzio Marotti