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Manchette di prima

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Quello che l'altri dovrebbero di'

Manchette di prima

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“Serie A e serie B, e non parlo di campionati”, di Alessandro Pugi.

Lo Sport come ele­men­to d’inclusione e cioè la pos­si­bi­li­tà di garan­ti­re a tut­te le per­so­ne di par­te­ci­pa­re a un’attività spor­ti­va in modo sicu­ro, equo e rispet­to­so. Equo, rispet­to­so e sicu­ro, tre paro­le che ormai da più di tre mesi mi risuo­na­no nel­la testa alla ricer­ca di uno spa­zio con­di­vi­so dal­la cer­tez­za che pos­sa­no esse­re appli­ca­te. Inve­ce, quel­le stes­se paro­le sem­bra­no sgu­scia­re via dal­le pagi­ne dei voca­bo­la­ri di chi dovreb­be garan­tir­le, nel­la con­sa­pe­vo­lez­za, ormai da tem­po imme­mo­re, che nel­la riden­te cit­ta­di­na di Por­to­fer­ra­io a tut­to que­sto non ven­ga data la giu­sta con­si­de­ra­zio­ne.
Tra­la­scian­do la para­dos­sa­le situa­zio­ne dell’impianto di San Gio­van­ni, dove in due gior­ni avreb­be­ro dovu­to sosti­tui­re il ten­do­ne, ma che in real­tà ha com­por­ta­to per le asso­cia­zio­ni spor­ti­ve un adat­ta­men­to qua­si men­si­le ver­so altre strut­tu­re, chie­den­do favo­ri e aiu­ti impen­sa­bi­li, quel­lo che mi lascia per­ples­so è la gestio­ne di una situa­zio­ne strut­tu­ra­le degli impian­ti alquan­to bislac­ca, cari­ca­ta a for­za sul­le spal­le del­le asso­cia­zio­ni, che mi por­ta a pen­sa­re a una con­ce­zio­ne di sport total­men­te sba­glia­ta. Da qui nasce la con­sa­pe­vo­lez­za di un’attenzione diver­sa, di una con­si­de­ra­zio­ne di bam­bi­ni di serie A e serie B, di atle­ti mag­gio­ri e mino­ri, di socie­tà strut­tu­ra­te e degne di rispet­to a disca­pi­to di satel­li­ti mino­ri che gli ruo­ta­no intor­no sen­za ave­re la stes­sa con­si­de­ra­zio­ne.
Ana­liz­zan­do que­sti pen­sie­ri non tro­vo riscon­tro in quel­le tre paro­le e la dispa­ri­tà evi­den­te di bam­bi­ni che ruo­ta­no in socie­tà più strut­tu­ra­te, le qua­li godo­no del­la mia sti­ma per­ché con gran­de dedi­zio­ne e sacri­fi­cio si dedi­ca­no allo svi­lup­po del­lo sport riu­scen­do­vi in pie­no, che pos­so­no per­met­ter­si di alle­nar­si con costan­za, aven­do gli spa­zi, e pos­so­no ogni ini­zio e fine alle­na­men­to spo­gliar­si in uno spo­glia­to­io acco­glien­te e fare una doc­cia cal­da pri­ma di ritor­na­re a casa, mi rat­tri­sta.
Mi rat­tri­sta pen­sa­re che nel pae­se eman­ci­pa­to, che spes­so si assur­ge a “capi­ta­le” elba­na, esi­sto­no real­tà in cui bam­bi­ni di 7 anni si spo­glia­no in un ten­do­ne fred­do, su sedie azzec­ca­te alla “car­lo­na”, spor­che, spes­so rot­te, poi­ché gli spo­glia­toi sono inde­co­ro­si, per­do­no into­na­co dai muri, dal tet­to, sono pri­vi di riscal­da­men­to, dove le doc­ce mal­mes­se ero­ga­no solo acqua geli­da. E sono gli stes­si che quan­do van­no a gareg­gia­re si ritro­va­no nel­le iden­ti­che con­di­zio­ni, con gli spo­glia­toi leg­ger­men­te puli­ti solo gra­zie al lavo­ro pre-gara degli alle­na­to­ri o al volon­ta­ria­to dei geni­to­ri, ma anco­ra una vol­ta al fred­do e sen­za la pos­si­bi­li­tà di fare la doc­cia. Ed è così, in que­sto cli­ma in cui lo sport vie­ne pra­ti­ca­to solo gra­zie all’amore e alla pas­sio­ne di tut­ti, che i ragaz­zi devo­no lavar­si uti­liz­zan­do la “tira” con l’acqua geli­da, che fioc­ca­no le mul­te per caren­za fun­zio­na­le degli spo­glia­toi, che le socie­tà avver­sa­rie ti chia­mi­no infor­man­do­ti che non man­de­ran­no a gio­ca­re i pro­pri atle­ti se non sarà garan­ti­ta loro una doc­cia cal­da.
E come dar­gli tor­to? E sareb­be que­sta l’inclusione spor­ti­va? E allo­ra via con il tele­fo­no in mano per tut­ta la set­ti­ma­na nel­la spe­ran­za che qual­che ani­ma pia ci dia un segna­le di bene­di­zio­ne affin­ché arri­vi il gaso­lio, che lo spo­glia­to­io ven­ga puli­to, oppu­re a rim­boc­car­si le mani­che, com­pra­re le tani­che, com­pran­do il poco gaso­lio che ser­ve a far fun­zio­na­re una cal­da­ia che gra­zie all’aiuto di pochi elet­ti ripar­te, dan­do un po’ di sol­lie­vo, alme­no per metà del­le gare pre­vi­ste, a chi si sen­te pres­sa­to da respon­sa­bi­li­tà non pro­prie ma che evi­den­te­men­te non pesa­no su chi dovreb­be vigi­la­re.
Se que­sto è fare sport in manie­ra inclu­si­va, allo­ra in tut­ti que­sti anni cre­do di non aver capi­to il sen­so di quel­le famo­se tre paro­le che anco­ra aleg­gia­no nell’aria sen­za una desti­na­zio­ne pre­ci­sa.

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