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Elba Book contro il massacro delle donne ezide

Al festi­val dedi­ca­to all’e­di­to­ria indi­pen­den­te inau­gu­ra la mostra foto­gra­fi­ca di Fabia­na Cio­ni per eman­ci­pa­re il vis­su­to dolo­ro­so di un’in­te­ra comu­ni­tà
L’in­da­gi­ne arti­sti­ca non pote­va man­ca­re nel palin­se­sto di Elba Book, l’u­ni­co festi­val iso­la­no dedi­ca­to all’e­di­to­ria indi­pen­den­te, che com­pie die­ci anni e li festeg­gia foca­liz­zan­do l’e­di­zio­ne 2024 su un con­cet­to fon­da­men­ta­le per il pen­sie­ro col­let­ti­vo e non solo indi­vi­dua­le, l’at­ten­zio­ne.
Da mar­te­dì 16 a vener­dì 19 luglio, nel bor­go di Rio nel­l’El­ba, scrit­to­ri, gior­na­li­sti, arti­sti e ope­ra­to­ri cul­tu­ra­li si incon­tre­ran­no per dare cor­po a una mani­fe­sta­zio­ne che è diven­ta­ta il ritro­vo cul­tu­ra­le del­l’e­sta­te sul Tir­re­no, sen­za tra­la­scia­re la viva­ce diste­sa di edi­to­ri che occu­pe­rà paci­fi­ca­men­te piaz­za del Popo­lo per cir­ca una set­ti­ma­na.
Sin dal prin­ci­pio l’as­so­cia­zio­ne Elba Book Festi­val ha cer­ca­to di “fare luo­go”, rifiu­tan­do l’af­fer­ma­zio­ne di un’i­den­ti­tà o
di una cul­tu­ra che pro­teg­ge i pro­pri con­fi­ni da influen­ze ester­ne, dal­l’al­tro da sé.
Fare luo­go signi­fi­ca fare spa­zio, por­tan­do il mon­do di rela­zio­ni pro­po­si­ti­ve su un’i­so­la in mez­zo al Tir­re­no.
Il luo­go è sia un dato fisi­co sia una strut­tu­ra­zio­ne del­l’in­te­ra­zio­ne socia­le, dei sen­ti­men­ti tra le per­so­ne e del­le loro voci per pro­dur­re un signi­fi­ca­to con­di­vi­so.
Voci che spes­so con­tra­sta­no tra loro, ma che ne costrui­sco­no il sen­so; da ciò sca­tu­ri­sce un’at­ten­zio­ne par­ti­co­la­re per le rot­te migra­to­rie, alle­sten­do espo­si­zio­ni immer­si­ve che favo­ri­sca­no una con­te­stua­liz­za­zio­ne non stru­men­ta­le del­le onda­te di migran­ti, spe­cie nel Medi­ter­ra­neo.

CONTRO IL MASSACRO DELLE DONNE EZIDE
Non a caso, nel­la Chie­sa del­la Pie­tà, dome­ni­ca 14 luglio, alle 19, inau­gu­re­rà la mostra foto­gra­fi­ca di Fabia­na Cio­ni, Ver­so l’an­ge­lo Pavo­ne.
Viag­gio in Kur­di­stan con le figlie del Sole.
Dia­rio per imma­gi­ni da Shen­gal e Lalish, il lavo­ro di ricer­ca avvia­to dal­l’ar­ti­sta con la comu­ni­tà Ezi­da che si pone in dia­lo­go aper­to con il festi­val, le per­so­ne in viag­gio e la cit­ta­di­nan­za.
Tra­mi­te le voci del­le don­ne ezi­de soprav­vis­su­te al mas­sa­cro Daesh del 3 ago­sto 2014 — a die­ci anni dal­l’i­ni­zio del set­tan­ta­tree­si­mo geno­ci­dio — i frui­to­ri pos­so­no entra­re in con­tat­to con la sto­ria indi­vi­dua­le e col­let­ti­va del­la popo­la­zio­ne cur­da ezi­da che vive­va in Iraq.
Le espe­rien­ze del­le don­ne ezi­de soprav­vis­su­te al mas­sa­cro Daesh/Stato Isla­mi­co e brac­ca­te per gior­ni sot­to il sole cocen­te, sen­za acqua, sen­za cibo, sul­la mon­ta­gna sacra di Shen­gal, accom­pa­gna­no i visi­ta­to­ri in un spa­zio in cui ritua­li e pae­sag­gi sacri del Kur­di­stan-Iraq si alter­na­no alle mace­rie.
La sacra­li­tà attri­bui­ta alla Natu­ra emer­ge a livel­lo sim­bo­li­co nei riti col­let­ti­vi in cui gli indi­vi­dui ren­do­no omag­gio agli albe­ri, alle archi­tet­tu­re, alla ter­ra. Un ampio abbrac­cio uni­sce gli esse­ri uma­ni e il mon­do natu­ra­le.
Nel­l’a­pri­le 2017 Lalish è sta­ta rag­giun­ta da miglia­ia di per­so­ne per festeg­gia­re l’i­ni­zio del nuo­vo anno e avvia­re un pro­ces­so di ricon­ci­lia­zio­ne inter­no alla socie­tà di cui la mostra cer­ca di evo­ca­re il dram­ma.

FRAMMENTI FOTOGRAFICI DAL KURDISTAN
«Le foto­gra­fie sono cru­de, dure ma sen­za reto­ri­ca: distru­zio­ni, mace­rie, uma­ni­tà cora­li, cam­po pro­fu­ghi, ritua­li, momen­ti di vita quo­ti­dia­na come la scuo­la o il çay e altro appa­io­no nel­la loro real­tà […].
Ven­go­no ripor­ta­te le dure e a vol­te agghiac­cian­ti testi­mo­nian­ze del­le don­ne ezi­de. Que­sti testi non sono mere infor­ma­zio­ni ma il risul­ta­to di una inten­sa empa­tia che Cio­ni ha pro­va­to nei con­fron­ti del­le Ezi­de: l’ar­ti­sta ha cer­ca­to di “con­di­vi­de­re” per quan­to è pos­si­bi­le, date le evi­den­ti diver­si­tà sto­ri­che, cul­tu­ra­li, socia­li la situa­zio­ne di que­ste ed ha pro­va­to a por­ta­re loro un aiu­to pro­prio a par­ti­re dal­la sua atti­vi­tà di foto­gra­fa, infat­ti ha crea­to [nel cam­po pro­fu­ghi (N.d.R.)] un labo­ra­to­rio di arte tera­pia basa­to sul­la meto­do­lo­gia del­l’au­to­ri­trat­to foto­gra­fi­co», argo­men­ta nel­la pre­fa­zio­ne il cri­ti­co Gior­gio Bono­mi.
In occa­sio­ne del­l’i­nau­gu­ra­zio­ne l’at­tri­ce Fran­ce­sca Ria si pre­ste­rà, tra­mi­te un rea­di­na tea­tra­le. alle testi­mo­nian­ze fem­mi­ni­li rac­col­te da Cio­ni nel 2015 e pub­bli­ca­te a mar­zo 2023 da Per­se­pho­ne Edi­zio­ni nel­la col­la­na Nuo­vi Mon­di à Rebours.
Ver­so l’An­ge­lo Pavo­ne. Fram­men­ti dal Kur­di­stan. In viag­gio con la comu­ni­tà ezi­da, dia­rio per imma­gi­ni da Shen­gal e Lalish è un dia­rio fotoa­ra­fi­co di ses­san­tu­no imma­gi­ni che rac­con­ta­no aspet­ti del­la vita. del­le cele­bra­zio­ni sacre e del­la tra­ge­dia che ha col­pi­to la popo­la­zio­ne cur­da ezi­da nel 2014.
La pub­bli­ca­zio­ne oltre a esse­re un repor­ta­ge foto­gra­fi­co è cor­re­da­ta da testi.
Le imma­gi­ni par­la­no chia­ro la lin­gua uni­ver­sa­le del­le visio­ni poi vie­ne l’o­ra­li­tà e la tra­smis­sio­ne del­le sto­rie udi­te e vis­su­te in pri­ma per­so­na diven­ta epi­ca — www.elbabookfestival.com

FABIANA CIONI è foto­gra­fa, atti­vi­sta, archi­tet­ta, PhD in Archi­tet­tu­ra, Cit­tà e Desi­gn (IUAV, Vene­zia) con una ricer­ca su Con­fe­de­ra­li­smo Demo­cra­ti­co e rivo­lu­zio­ne del­le don­ne in Kur­di­stan.
Dal 2005 fre­quen­ta il Kur­di­stan-Tur­chia, qui nel 2015 ha con­dot­to un labo­ra­to­rio di auto­ri­trat­to meto­do SPEX con le don­ne ezi­de ed ha ini­zia­to un viag­gio nel­le ter­re sacre e vio­len­ta­te del­la comu­ni­tà in Kur­di­stan-Iraq. Con­du­ce una ricer­ca sull’opera video di Mino Tra­fe­li (Vol­ter­ra 1921–2018).

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