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Manchette di prima

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Rientrano nelle case alcune famiglie coinvolte nell’incendio di Porto Azzurro

” Sapete cosa si pro­va ad essere allon­ta­nati dal­la pro­pria casa? A sveg­liar­si nel cuore del­la notte in un let­to non vostro?A recu­per­are qualche indu­men­to scor­tati dai vig­ili del fuoco?A non sapere quan­do potrete lavarvi nel vostro bag­no? Se non lo sapete, mi auguro non lo provi­ate mai. In questi giorni sur­re­ali ho ripen­sato al dis­a­gio del lock­down causato dal­la pan­demia, a quan­do si era costret­ti a rimanere chiusi in casa. Immag­i­nate il con­trario. Il non pot­er entrarvi. Anche se le fiamme pos­sono bru­cia­re solo ciò che è mate­ri­ale e non colpir­ti diret­ta­mente ‚il loro impat­to las­cia cica­tri­ci invis­i­bili, pro­fonde e dura­ture nell’anima. Il dolore emo­ti­vo, l’ansia e la sen­sazione di smar­ri­men­to provo­cati da un incen­dio, sono ferite che richiedono tem­po, cura e sosteg­no per guarire. Ogni giorno pas­sato lon­tano da casa è un giorno di trop­po. Da giorni, le auto e le per­sone che pas­sano davan­ti al palaz­zo, ral­len­tano per guardare quel­lo spet­ta­co­lo tetro, come in una mes­ta pro­ces­sione. Ques­ta sera, dopo 12 lunghissi­mi giorni, siamo potu­ti rien­trare in casa e anche se piove, qui den­tro splende un bel sole.”

Questo il pen­siero del­l’am­i­co frater­no Gian­lu­ca. Un abbrac­cio a tutte le per­sone coin­volte nel­la sper­an­za che a breve tut­ti pos­sano rien­trare nelle loro abitazioni.

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