Dopo l’attenzione ricevuta da alcuni quotidiani , intervengo nuovamente — e ringrazio per lo spazio — sul noto argomento delle concessioni balneari, visti l’interesse e l’appassionata attenzione che lo circonda, e viste le reazioni che hanno suscitato le intenzioni del Comune di Rio di procedere alle gare.
Inizio con i dati incontrovertibili e cerco di essere semplice. La direttiva comunitaria c.d. Bolkestein è del 2006. Da circa diciannove anni sappiamo che le norme europee impongono che le concessioni debbano essere assegnate con gara, e che nessun privilegio (insistenza, prelazione, preferenza) debba essere concesso al precedente titolare.
Da allora la legislazione italiana ha solo pensato a prorogare le concessioni in essere, inventandosi di volta in volta una serie complessa di adempimenti e tavoli tecnici (magari giusti, ma nessuno dei quali mai effettivamente compiuto) che avrebbero dovuto precedere la messa a bando delle concessioni, nell’ottica di un riordino generale del sistema. Di fatto è stato creato un sistema di sospensione indefinito, pensando di proteggere una categoria economica storica che vanta una solida rendita di posizione, e ciò è anche comprensibile, ma di fatto impedendo che il problema fosse affrontato come si sarebbe dovuto, e probabilmente che fosse risolto nel modo più giusto ed equilibrato.
Ogni legge nazionale che ha disposto in quel senso ha messo l’Italia in procedura di infrazione da parte degli organi comunitari, ed è stata dichiarata illegittima dalla Corte di Giustizia Europea. Aggiungo che, per pacifica regola, le norme nazionali in contrasto con le regole europee devono essere disapplicate da tutti, giudici, amministratori e funzionari pubblici.
Nel 2021 fa l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, l’istanza più alta della giurisdizione amministrativa, con due sentenze identiche fra loro (la n. 17 e la n. 18) ha ribadito in via definitiva questi principi: ogni proroga legislativa, passata presente o futura, delle concessioni in essere è illegittima e deve essere disapplicata da tutti; le concessioni scadute devono essere dunque assegnate a gara.
Poiché però un impatto immediato di queste affermazioni sarebbe stato troppo traumatico, il Consiglio di Stato ha di fatto dato un’ultima proroga al 31 dicembre 2023, dicendo però che dopo tale data tutte le concessioni avrebbero dovuto essere prive di effetto. Ciò vuol dire che a partire dal 1° gennaio 2024 i beni demaniali dovrebbero essere lasciati liberi e le strutture amovibili dovrebbero essere rimosse.
Grandi aspettative ha suscitato una recente sentenza della Cassazione a Sezioni Unite che ha annullato la sentenza n. 18/2021 del Consiglio di Stato. Ma l’annullamento è dipeso solo da motivi processuali (l’ingiusta estromissione di taluni soggetti dal giudizio), e non ha minimamente toccato i principi. E soprattutto non ha riguardato l’altra sentenza del Consiglio di Stato (la n. 17/2021) che è rimasta intatta, e che è stata seguita da due altre decisioni nel 2023, l’ultima addirittura nel mese scorso. In pratica, l’intervento della Cassazione è ininfluente.
Oggi non resta che procedere alla pubblicazione dei bandi. Lo so è materia difficile perché è vero che non vi sono regole specifiche per queste gare. Ma se in questi diciannove anni si fosse pensato alle REGOLE anziché alle PROROGHE (e in questo, tipicamente italiano, molti dovrebbero mettersi una mano sulla coscienza), non saremmo in questa incertezza. E comunque, il Consiglio di Stato ha già detto che dalla direttiva e dalle norme nazionali è possibile per le amministrazioni ricavare criteri sufficienti per confezionare le gare, e l’Autorità per la Concorrenza ha espresso apprezzamento per i Comuni che si sono indotti a farlo.
Il mio Comune lo sta facendo, e quanti parlano di “decisioni affrettate” e di “fughe in avanti” fanno sorridere: è dal 2021 che si sa che alla fine del 2023 le scelte sarebbero state obbligate. E se non succede nulla all’ultimo minuto (non certo altre proroghe che vanno ignorate) bisogna andare avanti.
Io non mi diverto di certo, e so di pagare il prezzo dell’impopolarità; ma la concorrenza fa bene al territorio e sarà lo stimolo ad offrire condizioni di uso migliore del bene pubblico a vantaggio di tutti.
So anche che è difficile gestire questa sfida. Ma chi ha responsabilità di governo deve fare il suo dovere e fare le cose al meglio, anche quelle difficili.
E lo faremo con orgoglio. Cosa dovremmo dire all’Europa? Che dopo tutti questi anni non riusciamo a farlo perché è…troppo difficile?