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Le due Italie delle farfalle e il tesoro nascosto del centro-sud

Uno stu­dio sup­por­t­a­to da otto parchi nazion­ali dell’Italia cen­tro-merid­ionale e reso pos­si­bile dai dati rac­colti da centi­na­ia di cit­ta­di­ni, riv­ela che l’Italia è divisa in due aree diverse per le far­falle.
Ma le specie più preziose dell’area penin­su­lare e insu­lare non sono riconosci­bili dall’occhio umano. “L’essenziale è invis­i­bile agli occhi” è forse la frase più cita­ta se non abusa­ta del Pic­co­lo Principe.
Per quan­to sicu­ra­mente Antoine de Saint-Exupéry non si riferisse alla bio­di­ver­sità, ques­ta affer­mazione ben si appli­ca ai prob­le­mi di iden­ti­fi­cazione delle specie anche nei grup­pi più vis­tosi come le far­falle.
Difat­ti, non tut­ta la bio­di­ver­sità si pale­sa, e si sti­ma che cir­ca un ter­zo delle specie esisten­ti sia appar­ente­mente iden­ti­co ad altre e quin­di indis­tin­guibile ai nos­tri occhi.
Ecco che, se vogliamo sti­mare la bio­di­ver­sità di un’area così este­sa come le Alpi, la peniso­la Ital­iana, le pic­cole isole a fian­co ad essa e la Sicil­ia, dob­bi­amo com­bina­re ciò che pos­si­amo vedere con gli aspet­ti invis­i­bili del­la bio­di­ver­sità.
E’ quel­lo che ha fat­to un grup­po di ricer­ca­tori di tre enti di ricer­ca gui­dati dal dr. Leonar­do Dap­por­to dell’Università degli Stu­di di Firen­ze, che ha com­bi­na­to cir­ca 300000 seg­nalazioni di 269 specie di far­falle ottenute da dati bib­li­ografi­ci e dalle piattaforme di cit­i­zen sci­ence con oltre 20000 sequen­ze di DNA, le quali per­me­t­tono di riconoscere e map­pare la diver­sità crip­ti­ca.
Questo stu­dio è sta­to pos­si­bile solo con la col­lab­o­razione di ben otto Parchi Nazion­ali, i quali han­no investi­to parte dei fon­di min­is­te­ri­ali loro asseg­nati per lo stu­dio degli impol­li­na­tori pro­prio in questo stu­dio (Par­co Nazionale dell’Arcipelago Toscano, Par­co Nazionale dell’Appennino Tosco-Emil­iano, Par­co Nazionale delle Foreste Casen­ti­ne­si, Monte Fal­terona e Campigna, Par­co Nazionale dei Mon­ti Sibilli­ni, Par­co Nazionale del Gran Sas­so e Mon­ti del­la Laga, Par­co Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Par­co Nazionale del­la Maiel­la, Par­co Nazionale dell’Alta Mur­gia).
I risul­tati di questo lavoro sono des­ti­nati a cam­biare com­ple­ta­mente le strate­gie e le pri­or­ità di con­ser­vazione delle far­falle ital­iane. Se guardiamo alla bio­di­ver­sità appar­ente infat­ti, le Alpi sono la regione Euro­pea dove si tro­va il mag­gior numero di far­falle, e molte specie vivono soltan­to sulle pra­terie di alta quo­ta di queste mon­tagne (si definis­cono endemis­mi alpi­ni). Questo per­ché durante i peri­o­di glaciali, buona parte dell’Europa cen­trale era cop­er­ta di step­pa e tun­dra, se non di ghi­ac­cio, e moltissime specie aman­ti del fred­do era­no più ampia­mente dis­tribuite.
Nei peri­o­di cal­di (fin trop­po cal­di) come quel­lo in cui vivi­amo, queste specie si sono rifu­giate nelle pra­terie al di sopra del­la lin­ea degli alberi.
Molto meno ric­che di far­falle sono da sem­pre apparse le regioni cen­tro-merid­ion­ali, soprat­tut­to le isole (se si escludono alcu­ni spet­ta­co­lari endemis­mi sar­do-cor­si).
L’analisi del DNA di tutte le far­falle che vivono tra le Alpi, la peniso­la ital­iana, e il sis­tema insu­lare ha mostra­to quan­to ques­ta visione sia impre­cisa e a quali rischi espon­ga la nos­tra bio­di­ver­sità. Infat­ti, esam­i­nan­do le entità crip­tiche, è pos­si­bile riconoscere che delle 69 (moltissime) far­falle endemiche che vivono in ques­ta regione, soltan­to sette sono con­di­vise tra le Alpi e la Peniso­la Ital­iana e la Sicil­ia, men­tre 35 sono endemiche delle Alpi e ben 29 (un numero qua­si equiv­a­lente) sono endemiche dell’area penin­su­lare e insu­lare.
Gli endemis­mi del cen­tro sud si sono accu­mu­lati in quest’area per un mec­ca­n­is­mo com­ple­ta­mente diver­so, in quan­to durante le glaciazioni la peniso­la ital­iana ha man­tenu­to un cli­ma favorev­ole alle far­falle che qui han­no potu­to evol­vere in entità dis­tinte e uniche al mon­do.
Ma atten­zione, forse in virtù del fat­to che i peri­o­di glaciali sono geo­logi­ca­mente rel­a­ti­va­mente recen­ti, queste far­falle endemiche non han­no evo­lu­to un aspet­to diver­so rispet­to alle loro cug­ine che vivono sulle Alpi e in Europa e se solo il 29% degli endemis­mi Alpi­ni è a noi invis­i­bile, per il cen­tro-sud questo numero sale al 71%. Purtrop­po ques­ta ric­chez­za non emerge con gli stru­men­ti a dis­po­sizione del biol­o­go del­la con­ser­vazione, come le Liste Rosse e la Diret­ti­va Habi­tat.
Questo per­ché il ris­chio di estinzione di una cer­ta specie viene gen­eral­mente defini­ta a liv­el­lo con­ti­nen­tale o nazionale (si veda la lista rossa delle far­falle ital­iane) e la pre­sen­za di gran­di popo­lazioni di una cer­ta specie di far­fal­la sulle Alpi, fa si che queste specie non appa­iano a ris­chio, anche lad­dove sug­li Appen­ni­ni siano ormai rel­e­gate a pic­cole popo­lazioni sulle vette delle mon­tagne più alte.
Non a caso, delle 18 specie iden­ti­fi­cate come a ris­chio di estinzione nel­la lista rossa delle far­falle ital­iane, ben 13 vivono al nord degli appen­ni­ni e soltan­to 5 nel cen­tro-sud e isole. Quin­di, solo una parte pic­col­is­si­ma del­la diver­sità delle far­falle del cen­tro sud è attual­mente pro­tet­ta e la mag­gior parte non gode di nes­suna attiv­ità di mon­i­tor­ag­gio e inter­ven­ti di ges­tione. Sareb­bero quin­di nec­es­sarie, a liv­el­lo nazionale, tre azioni imme­di­ate per cer­care di pro­teggere queste far­falle in un mon­do in cui i cam­bi­a­men­ti ambi­en­tali sono sem­pre più repen­ti­ni e impreved­i­bili.
Pri­mo: rivedere il ris­chio di estinzione val­u­tan­do, sep­a­rata­mente per ogni specie, il ris­chio nel­la regione alpina e cen­tro-merid­ionale, in modo da evi­den­ziare popo­lazioni endemiche appen­niniche a ris­chio di estinzione indipen­den­te­mente dal­la ric­chez­za di altre entità sulle Alpi.
A questo scopo le popo­lazioni di far­falle endemiche dovran­no essere mon­i­torate per val­u­tarne lo sta­to di salute e il trend. A questo scopo preziosi pos­sono essere Parchi e cit­ta­di­ni che in alcu­ni casi già si sono già atti­vati unen­dosi al prog­et­to But­ter­fly Mon­i­tor­ing Scheme (https://butterfly-monitoring.net/it/benvenuto).
In sec­on­do luo­go da questo lavoro potremo avere una pre­cisa map­pa di pri­or­ità, evi­den­zian­do le aree del­la peniso­la ital­iane che rac­col­go­no un numero par­ti­co­lar­mente alto di queste specie così preziose.
Anche in questo caso non dob­bi­amo dimen­ti­care l’importante ruo­lo dei cit­ta­di­ni, i quali, attra­ver­so le seg­nalazioni sulle piattaforme di cit­i­zen sci­ence, potran­no dare un con­trib­u­to fon­da­men­tale a conoscere l’esatta dis­tribuzione di ognuna di queste specie e indi­vid­uare così le migliori aree dove pro­tegger­le.
Infine, nes­suna strate­gia di con­ser­vazione è com­pi­u­ta se non si opera sul ter­ri­to­rio e i Parchi iden­ti­fi­cati come pri­or­i­tari dovran­no porre le far­falle al cen­tro dei loro Piani di Ges­tione.
Esistono già prog­et­ti pilota nel panora­ma nazionale, come il San­tu­ario delle Far­falle dell’isola d’Elba, gesti­to da Uni­ver­sità degli Stu­di di Firen­ze, Legam­bi­ente e Par­co Nazionale dell’Arcipelago Toscano.
In quest’ottica i Parchi Nazion­ali che han­no sostenu­to questo stu­dio potran­no avere un ruo­lo fon­da­men­tale per con­ser­vare una bio­di­ver­sità invis­i­bile che non vor­rem­mo scom­par­isse poco dopo la sua scop­er­ta. Il Par­co Nazionale dell’Arcipelago Toscano con­ta diverse entità endemiche dell’area tir­reni­ca.
Tra di esse alcu­ni sono parte del­la bio­di­ver­sità vis­i­bile come Zeryn­thia cas­san­dra, pre­sente oltre che nel­la Peniso­la Ital­iana in due sole isole, l’Elba e la Sicil­ia. All’Elba Z. cas­san­dra vive in un’area di soli 4 km² ed è con­tin­u­a­mente mon­i­tora­ta dell’Università di Firen­ze in col­lab­o­razione col Par­co Nazionale.
La Coenonympha corin­na, endemis­mo tir­reni­co vis­i­bile ma divisa in tre endemis­mi invis­i­bili, il pri­mo vive nel litorale toscano, all’Elba e a Gian­nu­tri, men­tre al Giglio purtrop­po non ricom­pare da più di 20 anni e si stan­no ipo­tiz­zan­do azioni di rein­tro­duzione; il sec­on­do vive a Capra­ia e in Cor­si­ca e il ter­zo in Sardeg­na.
La Hip­parchia neomiris un altro endemis­mo tir­reni­co a sua vol­ta divisa in due endemis­mi invis­i­bili, di cui uno vive in Sardeg­na e l’altro in Cor­si­ca, Capra­ia e Elba.
Per Capra­ia si nutrivano pre­oc­cu­pazioni per l’assenza di dati negli ulti­mi tre decen­ni, poi alcune seg­nalazioni di appas­sion­ati su iNat­u­ral­ist del 2018 e 2019 han­no fat­to tirare un sospiro di sol­lie­vo. Altri impor­tan­ti endemis­mi insu­lari sono rap­p­re­sen­tati da Hip­parchia aris­teus (Sardeg­na, Cor­si­ca, Giglio, Elba e Gorg­ona, con la popo­lazione di quest’ultima da con­fer­mare), Ple­be­jus bel­lieri Sardeg­na, Cor­si­ca e Elba e Lasiom­ma­ta para­megaera, Sardeg­na, Cor­si­ca, Capra­ia, Mon­te­cristo.
Se Capra­ia è tra le isole col mag­gior numero di questi endemis­mi per l’Arcipelago è anche quel­la che des­ta mag­gior pre­oc­cu­pazione.
Dagli anni ’70 si è infat­ti assis­ti­to alla scom­parsa di cir­ca una specie di far­falle ogni 4–5 anni. Tutt’altro dis­cor­so vale per Mon­te­cristo dove, a segui­to del­la der­at­tiz­zazione la mag­gior parte delle popo­lazioni di far­falle han­no mostra­to una ripresa con alcune specie che, appar­ente­mente scom­parse da decen­ni, sono ricom­parse in appar­ente buona salute negli ulti­mi 6 anni.
Pro­prio allo scopo di preser­vare tut­ti gli ele­men­ti di una fau­na tan­to ric­ca e diver­si­fi­ca­ta, il Par­co ha deciso di inve­stire fon­di min­is­te­ri­ali nel mon­i­tor­ag­gio delle far­falle e di altri impol­li­na­tori nel loro mon­i­tor­ag­gio.
Durante il 2021 saran­no indi­vid­u­ate aree da per­cor­rere allo scopo di con­durre transet­ti che per­me­t­ter­an­no di aggiornare la fau­na di ogni iso­la e di iden­ti­fi­care gli ele­men­ti che neces­si­tano di una sal­va­guardia più urgente. Rifer­i­men­to del­la pub­bli­cazione:https://doi.org/10.1111/mec.15795 Foto e testo di Leonar­do Dap­por­to

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