A buono ci possiamo arrivare, quando eravamo a scuola il “buono” stava sopra il sufficiente e il discreto e sotto il distinto e l’ottimo. Galleggiava a metà della sua positività (oggi un sostantivo che spaventa), dava piacere, si poteva fare di meglio, ma pure di peggio, bastava per placare un genitore esigente, quindi diciamo ci stia come augurio.
Sereno invece è più difficile, la serenità viaggia su un battito cardiaco costante, dove non ci sono sbalzi, in cui la testa è in grado di entrare e uscire dai pensieri più alti e da quelli più bassi in scioltezza. Zero noie, consapevole ci possano essere, ma in quel momento non ci sono e prevale quest’ultima considerazione. La serenità è cosciente senza essere guardinga. La serenità è un passo prima della Felicità e non è poco, per certi aspetti è una condizione migliore.
La felicità è fugace, è un attimo più o meno lungo, non può durare troppo dai, altrimenti contraddice il concetto stesso “di ricerca della felicità”. La felicità è uno stato di grazia, la felicità è un allineamento dell’anima, nel senso che puoi avere anche mille casini e una grande confusione intorno, come nella camerina dei miei figli, ma ti garba abbestia così, un disordine perfettamente armonico, perché “qualcosa” ha armonizzato tutte quelle stonature.
Uno spartito incomprensibile che suona una grande musica. La felicità è una sbornia delle giuste dimensioni, per quello non può essere solo — un bicchiere di vino con un panino, come cantavano Albano e Romina, al limite un fiasco di vino con la rosticciana insieme agli amici, la felicità uno se l’aggiusta.
La felicità è davvero la camerina incasinata dei miei figli , “Ma mettete a posto!!! Non le vedete che casino, ma come fate a starci maremma bonina”, “No! Babbo è tutto a posto, si sta bene, dopo si sistema”. Allora dai che dopo si sistema tutto, almeno si spera, la speranza (oggi un sostantivo confuso con un ministro) è l’ultima a morire, così si mormora, mah allora speriamo sia sempre viva e arzilla (abbiate pazienza mi girano le palle).
Allora dai… tanti auguri di Buon Natale, sperando (o confidando) porti un futuro di serenità.
Federico Regini