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Manchette di prima

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Lettera della contagiata numero 11 di Capoliveri; “Una parola affettuosa da sconosciuti in certi momenti difficili è davvero di grande aiuto”

Sono la mala­ta Covid-19 nume­ro 11, la pri­ma del comu­ne di Capoliveri.
Ho cre­du­to di con­di­vi­de­re que­sto bre­ve pen­sie­ro non tan­to per­ché voglia, come dire, ‘far­mi giu­sti­zia’, non rite­nen­do tra l’altro che, in una situa­zio­ne del gene­re, ci sia qual­cu­no da giu­sti­zia­re; piut­to­sto, vor­rei fare il pos­si­bi­le per­ché quan­to sta acca­den­do a me non acca­da a futu­ri even­tua­li mala­ti, spe­ran­do con il cuo­re che non ce ne sia­no più.
Nei gior­ni pas­sa­ti, a fron­te dell’accertamento del­la mia posi­ti­vi­tà, la stam­pa loca­le non si è rispar­mia­ta nel comu­ni­ca­re i det­ta­gli sul­la mia con­di­zio­ne, pub­bli­can­do, tra l’altro, infor­ma­zio­ni alta­men­te per­so­na­li sul mio con­to. Con un po’ di ama­rez­za, mi tro­vo a pen­sa­re a quan­to sareb­be impor­tan­te che chi dif­fon­de le noti­zie riflet­tes­se sul­lo sco­po del­le noti­zie stes­se: si trat­ta for­se di un’occasione per incen­ti­va­re e arric­chi­re il pet­te­go­lez­zo? Oppu­re si trat­ta di infor­ma­re in modo pun­tua­le, pro­fes­sio­na­le, aset­ti­co ed impersonale?
A mio avvi­so, sola­men­te tre det­ta­gli sul­la situa­zio­ne che sto viven­do meri­ta­va­no di esse­re comu­ni­ca­ti nell’interesse pub­bli­co, anche nell’ottica di tran­quil­liz­za­re la popo­la­zio­ne elba­na. Pre­ci­sa­men­te, avreb­be dovu­to esse­re evidenziato:
— che ho con­trat­to il virus fuo­ri dall’Isola d’Elba;
— che, una vol­ta sull’isola, non mi sono mai spo­sta­ta dal­la mia abitazione;
— che ave­vo moti­vi legal­men­te rico­no­sciu­ti per viag­gia­re, tant’è che, ai con­trol­li effet­tua­ti, la mia auto­cer­ti­fi­ca­zio­ne è sta­ta rego­lar­men­te fir­ma­ta dai militari.
Mol­to altro è sta­to inve­ce det­to, che non ha aggiun­to alcun­ché allo sco­po dell’informazione che vole­va e dove­va esse­re divul­ga­ta, ma che piut­to­sto ha con­tri­bui­to ad accre­sce­re la dif­fi­den­za e la rab­bia ver­so chi, come me, ha dovu­to tra­scor­re­re un perio­do lon­ta­no dall’Elba, non per dilet­to, ma per moti­vi di for­za mag­gio­re, pie­na­men­te rico­no­sciu­ti e sup­por­ta­ti dal­la legge.
Sareb­be una bel­la cosa una comu­ni­tà dove, alla noti­zia di un nuo­vo mala­to, il pri­mo pen­sie­ro fos­se di soli­da­rie­tà e com­pas­sio­ne ver­so chi, maga­ri, sta sof­fren­do e si sta pre­oc­cu­pan­do di uscir­ne vivo. Diver­so è quan­to mi sta capi­tan­do, doven­do­mi occu­pa­re di smen­ti­re le men­zo­gne che stan­no cir­co­lan­do sul mio con­to e che stan­no infan­gan­do la mia imma­gi­ne e quel­la del­la mia inte­ra fami­glia. A que­sto si aggiun­ge la dif­fu­sio­ne di infor­ma­zio­ni mol­to per­so­na­li, che riguar­da­no il mio sta­to di salu­te pre­gres­so e che sono quin­di vera­men­te solo fat­ti miei.
Vor­rei dir­vi di sta­re tran­quil­li: sono mala­ta, ma, dal gior­no del mio ritor­no sull’isola, non ho avu­to con­tat­ti con nes­su­no di diver­so dai miei più stret­ti fami­lia­ri. E vor­rei dir­vi che sono mol­to addo­lo­ra­ta, per­ché la malat­tia non si sce­glie e nes­su­no meri­ta di esse­re espo­sto alla gogna per il solo fat­to di aver­la contratta.
Vor­rei chiu­de­re con una nota posi­ti­va che riguar­da l’intero siste­ma sani­ta­rio loca­le che si è mos­so con soler­zia e costan­te atten­zio­ne, spes­so anche oltre quan­to stret­ta­men­te dovu­to, facen­do­mi sen­ti­re vera­men­te moni­to­ra­ta ed accu­di­ta; que­sto non è poco e non so in quan­ti altri posti sareb­be suc­ces­so. Una paro­la affet­tuo­sa da sco­no­sciu­ti in cer­ti momen­ti dif­fi­ci­li è dav­ve­ro di gran­de aiuto.

La mala­ta covid-19 nume­ro 11

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