Skip to content

Manchette di prima

EDICOLA ELBANA SHOW

Quello che l'altri dovrebbero di'

Manchette di prima

BREAKING NEWS

La toccante esperienza di Filippo Randelli, capoliverese di adozione, ortopedico, ma ieri, 28 marzo, anche di turno in un reparto COVID a Milano.

Dal pro­fi­lo Face­book di Rug­ge­ro Bar­bet­ti con­di­vi­dia­mo que­sto bel­lis­si­mo post del Dott. Randelli

L’IMMERSIONE in un repar­to “COVID”

Si, è come una immersione.
C’è un Dive­ma­ster (la tua gui­da), un brie­fing, una vesti­zio­ne (accu­ra­ta, mi rac­co­man­do, per quan­to pos­si­bi­le, cer­ta­men­te!), un “appe­na pri­ma di tuf­far­si” (quan­do un pochi­no, per una fra­zio­ne di secon­do, ti si fer­ma il respi­ro), un tuf­fo che qui è una por­ta di metal­lo con oblò (anche per que­sto mi è venu­ta in men­te una immer­sio­ne). Un oblò che si apre con fati­ca. Pesan­te. E sei den­tro. La luce cam­bia. I rumo­ri cam­bia­no. La tem­pe­ra­tu­ra cam­bia. Un altro mondo.
Il respi­ro in una nor­ma­le immer­sio­ne è tut­to. Anche in que­sta. Anzi di più. Qui è il confine.

Non solo il tuo di respi­ro, affa­ti­ca­to per­ché un dispo­si­ti­vo ten­ta di allon­ta­nar­ti dall’aria cir­co­stan­te, ma, soprat­tut­to, quel­lo degli altri, i Pazien­ti. Chi l’immersione l’ha ini­zia­ta da tem­po e non è anco­ra rie­mer­so. Esse­ri Uma­ni. Per­so­ne, vec­chi, gio­va­ni, non­ni, mam­me, non­ne, papà, fra­tel­li, sorel­le, figli. Di tut­ti i tipi. Di tut­te le raz­ze. Uni­ti. Tut­ti lon­ta­ni dai loro cari e dal­le loro vite. Sono a diver­se pro­fon­di­tà, più o meno vici­ni al fondo.
Ma una vol­ta toc­ca­to, dal fon­do si risa­le con gran­dis­si­ma dif­fi­col­tà. Anzi più spes­so non si risale.
Dob­bia­mo cer­ca­re di tener­li lon­ta­ni dal fon­do. Il nostro sco­po. Tener­li abba­stan­za lon­ta­ni dal fon­do fin­ché una cor­ren­te bene­fi­ca, sal­vi­fi­ca non li fac­cia risa­li­re. Da soli.

Non c’è pro­fon­di­me­tro in que­ste immer­sio­ni. C’è il satu­ri­me­tro. Mol­to più impor­tan­te qui. Il pro­fon­di­me­tro sei tu, o meglio, il dive­ma­ster, il medi­co respon­sa­bi­le del repar­to COVID. Non un orto­pe­di­co trau­ma­to­lo­go come me, gra­zie al cie­lo. Nel mio nuo­vo repar­to, 4°B del Poli­cli­ni­co San
Dona­to, il dive­ma­ster è una bel­la ragaz­za, direi Signo­ra, poco più gio­va­ne di me, pneu­mo­lo­ga con gran­de espe­rien­za anche nei pazien­ti car­dio­pa­ti­ci. Si chia­ma Fede­ri­ca, Fede­ri­ca Poli.
La cono­sco da più di vent’anni. Abbia­mo ini­zia­to insie­me, gio­va­nis­si­mi, a fare le guar­die al San Raf­fae­le, da Spe­cia­liz­zan­di. Io in Orto­pe­dia chia­ra­men­te. Lei già sui pazien­ti peg­gio­ri. E’ spo­sa­ta con un Chirurgo
d’Urgenza, tosto come Lei, con cui ho lavo­ra­to in Pron­to Soc­cor­so qual­che anno dopo, a San Donato.
Fede­ri­ca ha tut­te le doti neces­sa­rie ad un dive­ma­ster. Sa di cosa si trat­ta, sa come devo­no gira­re le cose. Sa esse­re mol­to uma­na con i Pazien­ti. Li chia­ma per nome. C’è sem­pre. Sa far­si vale­re quan­do è neces­sa­rio. Mi pia­ce. La seguo volen­tie­ri. Non sono più il capo di un repar­to di Orto­pe­dia e
Trau­ma­to­lo­gia. Ora sono un gio­va­ne spe­cia­liz­zan­do al pri­mo anno di pneu­mo­lo­gia. Non è male come sen­sa­zio­ne. Una del­le poche sen­sa­zio­ni pia­ce­vo­li di que­sta immersione.
A San Dona­to oggi ci sono alme­no 5 siti di immer­sio­ne esclu­den­do le Tera­pie Inten­si­ve. L’Ospedale è qua­si esclu­si­va­men­te dedi­ca­to ai COVID.

Tor­nia­mo all’immersione. Il saturimetro.
Io odio il satu­ri­me­tro. Pri­mo, non ti puoi fida­re com­ple­ta­men­te. Sal­vo che per i valo­ri che non vor­re­sti mai leg­ge­re, quel­li bas­si, vici­no al fon­do. Misu­ra la satu­ra­zio­ne di ossi­ge­no del­l’e­mo­glo­bi­na pre­sen­te nel san­gue arte­rio­so peri­fe­ri­co. Però non in modo imme­dia­to. Ti lascia quei secon­di di atte­sa, mal­va­gia atte­sa, pri­ma del respon­so. Poi, tal­vol­ta, si modi­fi­ca duran­te la let­tu­ra. Ti illu­de. Però c’è, per for­tu­na, ed è l’unico stru­men­to che in pochi secon­di può dar­ti un’idea di come sta
andan­do l’immersione del Pazien­te. I Pazien­ti fan­no l’immersione con Ossi­ge­no. Quel­li in Aria sono quel­li che stan­no emer­gen­do pros­si­mi alla dimissione.
L’Ossigeno è un mon­do a sé. Pro­ba­bil­men­te oggi l’unica vera arma nel­le nostre mani. Per­met­te agli orga­ni­smi uma­ni di supe­ra­re la tem­pe­sta vira­le e, soprat­tut­to, l’eccessiva rispo­sta immu­ni­ta­ria, spes­so cau­sa degli sta­di peg­gio­ri del­la malat­tia. Il resto con­ta meno.
L’erogazione dell’Ossigeno si misu­ra in Litri al minu­to con un “flus­so­me­tro” che ricor­da i vec­chi ter­mo­me­tri da pare­te, in gran­de però. Ma non solo. L’Ossigeno nel san­gue si misu­ra in mmHg (mil­li­me­tri di Mer­cu­rio) o kPa (kilo­pa­scal) che defi­ni­sco­no la sua pres­sio­ne par­zia­le nel san­gue. Più c’è né meglio è. Poi c’è la per­cen­tua­le di satu­ra­zio­ne defi­ni­ta dal satu­ri­me­tro. infi­ne c’è anche la per­cen­tua­le di Ossi­ge­no che respi­ra­no i Pazien­ti den­tro i loro appa­rec­chi di ausi­lio alla respi­ra­zio­ne. Insom­ma è un po’ com­pli­ca­to. Ho stu­dia­to. Gra­zie Federica.
Come ogni immer­sio­ne ci sono le masche­re. Vari tipi come nel­le immer­sio­ni vere. Si par­te dai model­li più sem­pli­ci a quel­li più com­ples­si fino al tubo endo­tra­chea­le. Che però in questa
immer­sio­ne non si vede.

Tera­pia Inten­si­va. Un altro mon­do. Oltre il con­fi­ne. Pochi ci van­no. Una immer­sio­ne in cui si vie­ne scel­ti. Non deci­di tu. Non deci­de il Pazien­te. Il dive­ma­ster suggerisce.
Arri­va “l’Angelo”, ossia l’Anestesista, e com­pie una del­le scel­te più dure. Un gran­de peso. Li capi­sco. Una scel­ta mol­to pon­de­ra­ta. Sono uomi­ni e don­ne mol­to pre­pa­ra­ti. Dan­no tut­to. Li ammiro.

I più for­tu­na­ti dei Pazien­ti Divers han­no dei pic­co­li tubi­ci­ni che gira­no intor­no al capo e insuf­fla­no Ossi­ge­no nel naso attra­ver­so due pic­co­le can­nu­le. Si chia­ma­no occhia­li­ni. Ma non sono occhia­li­ni. Qui l’Ossigeno non può supe­ra­re un cer­to flus­so. Poi diven­ta inge­sti­bi­le per il Paziente.

Poi c’è la Masche­ra di Ven­tu­ri, più sofi­sti­ca­ta. Più poten­te nell’erogare Ossi­ge­no. Ser­ve per immer­sio­ni più pro­fon­de. Per­met­te di sape­re mol­to meglio quan­to Ossi­ge­no vie­ne inspi­ra­to, non sem­pli­ce­men­te som­mi­ni­stra­to, al pazien­te. Si par­la infat­ti di FiO2 (Fra­zio­ne Inspi­ra­ta di Ossigeno).
La Ven­tu­ri è una masche­ra come dice la paro­la. Copre buo­na par­te del vol­to. Ha diver­si gra­di di “poten­za”, attra­ver­so dei con­net­to­ri con codi­ce colo­re diver­so, ma arri­va al mas­si­mo al 60% di Ossi­ge­no. L’aria ambien­te, per inten­der­ci, ne ha il 20–21%. La Ven­tu­ri ser­ve se ti tro­vi a pro­fon­di­tà medie.

Un po’ più giù ser­ve la masche­ra con reser­voir. Una masche­ra con un sac­chet­ti­no davan­ti. Si riem­pie di Ossi­ge­no il sac­chet­ti­no. Qui si arri­va al 90% di ossi­ge­no, otti­mo! Ma, come per tut­te le masche­re, deve esse­re ben ade­sa. Sia­mo già pro­fon­di. I flus­si di Ossi­ge­no sono alti. Se si è anco­ra più in pro­fon­di­tà c’è biso­gno che l’Ossigeno entri a pres­sio­ne nei pol­mo­ni. La pres­sio­ne qui si misu­ra in cen­ti­me­tri d’ac­qua (cmH20). Inol­tre ci vuo­le una pres­sio­ne che permanga
a fine espi­ra­zio­ne per aumen­ta­re la fun­zio­ne degli alveo­li. Le cose si com­pli­ca­no. Ma sia­mo qua­si sul fon­do. Sia­mo già nel­la ven­ti­la­zio­ne mec­ca­ni­ca assi­sti­ta anche se non invasiva.
E’ la pro­fon­di­tà del­la C‑PAP (Con­ti­nuous Posi­ti­ve Air­way Pres­su­re). C’è biso­gno di masche­ri­ne par­ti­co­la­ri tenu­te ben ade­se al vol­to del pazien­te con appo­si­te cin­ghie ela­sti­che. Oppu­re caschi. Come quel­li dei palom­ba­ri (l’immersione) ma, per for­tu­na, sono tra­spa­ren­ti. C’è rumo­re. Alcu­ni si agi­ta­no. Nor­ma­le. Da fasti­dio. Ma biso­gna sta­re cal­mi. Quel rumo­re ti sal­va la vita. Non è il momen­to dei capric­ci. E’ il momen­to di lot­ta­re. Il fon­do è li. Puoi toc­car­lo. Ma non devi.

La mia ulti­ma immer­sio­ne. Ieri.
Sono appe­na entra­to. L’infermiera mi chia­ma. Urgen­te. Cor­ro, per quan­to pos­si­bi­le. Sono vesti­to da immer­sio­ne. Sci­vo­lo ma non cado. Fit­ta imma­ne alla colon­na. Ma ho il busti­no semi­ri­gi­do. Sop­por­to. Arri­vo in un atti­mo. Entro.
La pri­ma cosa, una fra­zio­ne di secon­do, entran­do, gli occhi del pazien­te. Han­no pau­ra. Ma non è il pazien­te per cui han­no chia­ma­to. E’ il suo com­pa­gno di stanza.
Il Pazien­te, l’urgenza, è sul pri­mo let­to. E’ sul fon­do. Si cer­ca di risol­le­var­lo con due, quat­tro, sei, otto mani. Non c’è nien­te da fare. Era già mol­to vici­no il gior­no pri­ma ma ora l’ha toc­ca­to. E’ anzia­no. In otti­ma salu­te però, cer­to pri­ma. Ave­va il casco. Non è basta­to. PaO2 pes­si­ma già da ieri. Guardo
il vol­to. Non vedo segni di sof­fe­ren­za e que­sto chis­sà per­ché un pochi­no mi sol­le­va. Un bell’uomo.
Dor­me. Non si sveglierà.

Avvi­so con il wal­kie tal­kie il mon­do ester­no dell’accaduto. Avvi­sa­te la Fami­glia. Non potran­no veder­lo. Lo so.
Dovrà rima­ne­re in repar­to alme­no due ore. Mai leg­ge fu più insen­sa­ta. Pen­so. Lascia­re un Uomo mor­to davan­ti a chi, al suo fian­co, lot­ta con­tro la mor­te non è uma­no. Chie­do alme­no di spo­star­lo lon­ta­no dagli occhi impau­ri­ti di chi gli è accan­to. Si può. O for­se no. Non mi interessa.
Brut­ta Gior­na­ta. Brut­ta Immer­sio­ne. E ho appe­na iniziato.

Ini­zia­mo il giro dei Pazien­ti. Ad uno ad uno. Cer­co di scher­za­re il più pos­si­bi­le. Fra­si un po’ stupide…”Signora Pao­la, rischia di gua­ri­re!”. “Signor Fran­ce­sco, qual’è il dito for­tu­na­to (n.d.r. dove met­te­re il satu­ri­me­tro)?”. Le dico solo a chi pen­so potrà far­ce­la. La mag­gior par­te, per for­tu­na. A chi cre­do inve­ce sia più vici­no al fon­do mi mostro otti­mi­sta ma non scher­zo. Gli ten­go la mano. E misu­ro…. Comu­ni­co i valo­ri all’esterno con il wal­kie tal­kie. Grac­chia un po’.

Buo­ne noti­zie. C’è chi è in decom­pres­sio­ne, qua­si all’uscita. Emer­sio­ne? A loro misu­ro la satu­ra­zio­ne pri­ma e dopo la sospen­sio­ne dell’Ossigeno e…… 3 su 4 man­ten­go­no valo­ri nel­le nor­ma 98–99-100%. Evvai!
Poi c’è la Signo­ra MF, ha 92 anni. Demen­za seni­le. Par­la solo in dia­let­to. Sono l’unico che capi­sce qual­co­sa. La Poli non c’è anco­ra per­ché ha ini­zia­to il giro nell’altra ala del repar­to, altro oblò. l’altro Medi­co con me, una Car­dio­lo­ga, è Cam­pa­na. Gli Infer­mie­ri, pila­stri di que­sta immer­sio­ne, per­so­ne spe­cia­li, sono, dicia­mo, di fuo­ri Mila­no. La Signo­ra è sim­pa­ti­cis­si­ma. Anche se si lamen­ta in con­ti­nua­zio­ne. Vuo­le anda­re a casa. Par­la per espres­sio­ni tipi­che lom­bar­de. “Damm a trà giuinott”
(Dam­mi ret­ta gio­va­not­to) e giù una serie di fra­si sul­la neces­si­tà asso­lu­ta di anda­re a casa. A quel pun­to cer­co di far­la ragio­na­re… “Signo­ra Mia! Ha anco­ra la pol­mo­ni­te e deve rima­ne­re qual­che gior­no qui etc. etc.. Ma Lei …. “Va su…. adess la pre­di­ca” (Ecco…adesso la soli­ta pre­di­ca) e io non
pos­so non ride­re. Però sta bene. Un’altra vit­to­ria. Sem­bra. Usci­rà pre­sto. Cer­to dovreb­be par­la­re un po’ meno. Quan­do par­la le scen­de la satu­ra­zio­ne. C’è chi è sta­to male duran­te l’immersione not­tur­na. La not­te pri­ma. Non per il respi­ro. Alcu­ni si abi­tua­no alla man­can­za di aria. Per il vomi­to o per l’enterite che non di rado accom­pa­gna que­ste immer­sio­ni vira­li. Ma ora sta meglio. Toglie il casco solo per man­gia­re. Ha gli occhia­li­ni però.
Un’altra signo­ra è in ansia. Non sop­por­ta la C‑pap. La cap­si­co. Non va malis­si­mo ma nean­che bene. Le do da bere. Can­nuc­cia. Le sto vici­no un po’. La ras­si­cu­ro. L’ansia è una brut­ta bestia. La cono­sco. Pre­di­spon­go un cal­man­te ma non trop­po e solo di un cer­to tipo. Sono far­ma­ci peri­co­lo­si.. sul respi­ro. Sta meglio. Speriamo.

Vedo l’ultimo pazien­te. Di Paler­mo. Rico­no­sco subi­to l’accento. Lui sor­ri­de. Ex pia­strel­li­sta. In pen­sio­ne. Sim­pa­ti­co. Ma non va bene. Satu­ra poco. Sal­to di pro­fon­di­tà. Si pas­sa dal­la masche­ra di Ven­tu­ri a masche­ra con reser­voir. Fac­cio un pre­lie­vo arte­rio­so per una emo­ga­sa­na­li­si (mas­si­ma
atten­di­bi­li­tà e più infor­ma­zio­ni del satu­ri­me­tro). Esa­me dolo­ro­so. Le arte­rie sono ben inner­va­te. Dal pol­so. Lui non fa una pie­ga. Cer­co di esse­re il più velo­ce pos­si­bi­le ma sen­za man­ca­re il ber­sa­glio. Non è semplice.
Esce san­gue scu­ro (di soli­to veno­so) ma a pres­sio­ne (arte­rio­so). Vie­ne dall’arteria. Non un buon segno quel male­det­to colo­re. Io odio il vio­la, lo san­no tut­ti i miei col­la­bo­ra­to­ri ed ora lo odie­ran­no pure loro. Arri­va­no i risul­ta­ti del­la PaO2 (pres­sio­ne dell’ossigeno nel san­gue), 68 (valo­ri
nor­ma­li 80–100). Peg­gio… il rap­por­to tra PaO2/FiO2 è solo 90. Indi­ca quan­to gli alveo­li sono ossi­ge­na­ti e inglo­ba­no l’anelato ele­men­to. In un pazien­te sano il valo­re si atte­sta su 450.
Lui 90. Eppu­re par­la tran­quil­lo. Il respi­ro però è velo­ce. Tachi­pnea. Atten­do la Poli. Mi sem­bra da C‑PAP.

Abbia­mo fini­to il giro. Anzi no. Arri­va Fede­ri­ca Poli. Rifac­cia­mo tut­to il giro, più velo­ce­men­te, con Lei. Subi­to deci­de per il pia­strel­li­sta qua­si sul fon­do: C‑Pap. Si comu­ni­ca con l’anestesista. Miglio­ra ma non trop­po. Spe­ria­mo. Vici­no, mol­to vici­no al fon­do. Non lo sa, meglio così. Pen­so. E poi magari
risale!
Il giro fini­sce. Sono le 13.30. Mi sve­sto. Mas­si­ma atten­zio­ne. E’ il momen­to in cui è più faci­le con­ta­mi­nar­si. C’è un ritua­le pre­ci­so. Come in una vera immer­sio­ne. Solo che qui in bal­lo c’è la tua salu­te e non solo. Amo la mia fami­glia e non vor­rei esse­re pro­prio io la cau­sa di una loro malattia.
Si, sono iso­la­to in casa. Ma è un atti­mo. La distra­zio­ne spes­so ci sal­va dai pen­sie­ri peg­gio­ri ma in cer­ti casi è dele­te­ria e mor­ta­le. Speriamo.

Sono sve­sti­to. Si fa un bre­ve debrie­fing. Chie­do al Capo­sa­la Gian­ni se sia pos­si­bi­le spo­sta­re subi­to i cada­ve­ri dal­le loro stan­ze per non inci­de­re emo­ti­va­men­te sui vici­ni. Mi dice del­la leg­ge del­le 2 ore. La odia anche Lui. Tro­va una solu­zio­ne. E’ un Uomo. Un duro. Ne ha vis­su­te tan­te come caposala
del­la Car­dio­chi­rur­gia di San Dona­to. Ma è un Uomo buono.
Vado a visi­ta­re un gio­va­ne Libi­co. Il gio­va­ne Spe­cia­liz­zan­do, di Orto­pe­dia, Dot­tor Maz­zo­le­ni è già li. Anche Lui era in immer­sio­ne ma nell’altra ala del repar­to. Han­no fini­to pri­ma. La Poli era con loro. Il gio­va­ne Libi­co si è rot­to un dito, ormai da tem­po, sen­za accor­ger­si. Ha una lesio­ne neu­ro­lo­gi­ca in
esi­ti di un trau­ma da guer­ra che lo tie­ne su una sedia a rotel­le. E non gli fa sen­ti­re dolo­re. Incre­di­bi­le a dir­si ma…lo riten­go for­tu­na­to. Non è in immersione.

Tut­to è rela­ti­vo. Doma­ni è un altro giorno.
Altre immer­sio­ni. Altri fon­da­li. Che spe­ro nes­su­no deb­ba rag­giun­ge­re. Si vede mol­to meglio da più in alto.
Doma­ni tut­ti i Medi­ci e tut­ti gli Infer­mie­ri di San Dona­to saran­no lì, al loro posto. Anche se mol­ti potreb­be­ro esse­re altro­ve a pro­teg­ger­si. Pochis­si­me uni­tà lo han­no fat­to, giu­sto qual­che Medi­co “fra­gi­le” di salu­te e qual­che Lan­zi­che­nec­co, inu­ti­le pri­ma ed inu­ti­le ora. La stra­gran­dis­si­ma mag­gio­ran­za è pre­sen­te. Alcu­ni più spa­ven­ta­ti di altri. Medi­ci di tut­te le spe­cia­li­tà, com­pre­si noi Orto­pe­di­ci o meglio Orto­peu­mo­lo­gi. Gio­va­ni e meno gio­va­ni. Uniti.
Tor­na­ti Uomi­ni alcu­ni. Tor­na­ti Medi­ci altri.
Tut­ti pron­ti per la pros­si­ma immersione.

Ad Maio­ra

Prof. a.c. Filip­po Randelli
Hip and Trau­ma Department
I.R.C.C.S. Poli­cli­ni­co San Dona­to – Uni­ver­si­ty of Milan

Lau­ra Capsoni

Rispondi