Venerdì mattina come ogni giorno ho acceso il mio cellulare per controllare la mail e leggere le principali notizie provenienti dall’Italia, visto che ormai da qualche mese risiedo all’estero. Quasi casualmente capito su facebook, social che ormai utilizzo alquanto raramente (per evidenti ragioni) e mi ritrovo a leggere l’articolo pubblicato da un anonimo sulla pagina Edicola Elbana Show. Il giorno prima, come molti elbani avevo appreso di quanto fosse accaduto sulla nostra isola e come tutta la comunità ero rimasto sconvolto dalla tragicità della notizia. Un omicidio all’Elba, qualcosa di veramente impensabile che sarà destinato a scuotere l’isola nelle settimane e nei mesi a venire. Premettendo che non conoscevo né la vittima né il presunto omicida e che la mia conoscenza dei fatti è limitata a quanto riportato dalle principali testate giornalistiche nazionali e locali, vorrei soffermarmi sul contenuto di quanto pubblicato. Mi sono sentito in dovere di farlo perché ritengo che messaggi come questo, data la cassa di risonanza dei social media, possano generare conseguenze estremamente dannose per la nostra società e pericolose per la nostra democrazia. L’articolo giustamente si apre con frasi di indignazione e di sbigottimento di fronte a quanto successo, non potrebbe essere altrimenti. Chi non condividerebbe la gravità della situazione. Tuttavia, le frasi successive mi hanno lasciato decisamente attonito e costernato. L’autore (se così vogliamo chiamarlo) si fa portavoce di un sedicente coro unanime proveniente da facebook, che si riassume con l’espressione “o dente o ganascia”, invocando così a più riprese il ritorno alla “legge del taglione”. Il richiamo ad un passato ideale, dove “tutto andava bene”, si fa ancora più forte con l’espressione “anni fa un soggetto così sarebbe stato messo a suo agio, troncato di sani e sonori colpi. Ma purtroppo anni fa la gente era normale di mente e se c’era uno cosi veniva giustiziato per benino dal popolo”. Mi domando: “Ma a quale periodo storico si farà riferimento? Forse ad uno dei più oscuri e tragici della storia italiana. Ma giustamente a quel tempo andava tutto bene”. Forse, però, a pensarci bene, tutte queste frasi ad effetto potrebbero derivare semplicemente dall’indispensabile desiderio del “mi piace” e dal bisogno di compiacere che permea la nostra società.Non sorprende, che venga apertamente criticato il nostro stato di diritto. Le leggi che preservano la libertà di ogni cittadino vengono tacciate di proteggere delinquenti e omicidi, l’unica soluzione è la violenza e chi non la pratica viene definito “buonista”. Idee decisamente in voga anche negli anni ‘20 del secolo scorso, che mettono l’autore sullo stesso piano morale di chi si è macchiato di un reato così grave e odioso.
Da sottolineare anche la reazione della community. Il post ha ricevuto vari “mi piace” e nei commenti le persone non facevano altro che complimentarsi e supportare la tesi dell’articolo. Dov’è finita la capacità di criticare costruttivamente? Di mettere in discussione con razionalità ciò che gli altri dicono? Il conformismo apatico, asettico al pensiero di massa è uno dei più grandi mali della contemporanea società italiana e questo caso ne fornisce sicuramente un’altra prova. E adesso veniamo ai fatti degli ultimi anni e alle conseguenti responsabilità. É sotto gli occhi di tutti che qualcosa sia cambiato, che la criminalità sia aumentata così come i comportamenti irrispettosi verso il prossimo. Il fenomeno è reale e più esteso che mai. Le forze dell’ordine devono essere criticate, così come le istituzioni politiche, le quali hanno sicuramente le loro colpe, ma non bisogna per forza identificarle per l’ennesima volta come il capro espiratorio di turno. La scuola nella maggior parte dei casi si rivela inefficace, i genitori spesso sono troppo accondiscendenti o del tutto assenti, l’associazionismo civile è quasi scomparso a causa del Covid e dell’individualismo dilagante. Tutti noi isolani dobbiamo sentirci in parte responsabili. Bisogna evitare di affrontare problemi complessi come questo con spiegazioni semplicistiche che individuano nell’immigrato il colpevole a priori. Molto banalmente evitiamo “di fare di tutta l’erba un fascio”. Il problema è complesso e va affrontato seriamente con lucidità e profondità di analisi. So già che molti non si troveranno d’accordo con quanto detto, probabilmente sarò accusato di buonismo, ma questa è la mia opinione. Le critiche sono ben accette, ma spero siano costruttive e prive di offese.
Andrea Giusti