Chi come me ha avuto la fortuna di conoscere Sandro Zingoni, non può non soffermarsi quando su Facebook vede un post lunghissimo di sua figlia Eleonora.
Cosa avrà scritto la piccola di Sandro?
E lui quanto avrebbe discusso e dibattuto su un tema cosi ben articolato e ben scritto?
“A me sicuramente ora m’ avrebbe detto: Regini…fuori”.… e io anche a 46 anni e qualche chilo in più delle scuole medie non mi sarei nemmeno sognato di rispondergli o di disobbedire. A Sandro non serviva minacciare di mettere una nota o altro. A Sandro bastava uno sguardo, tanta era la sua profondità d’ animo. È proprio vero che il lupo un caca agnelli.…
Quando, come oggi, mi sento sbagliata, oppure quando perdo fiducia nell’umanità, e quindi anche in me stessa, io vado nei porti: una foresta di alberi di barche. Passo davanti ai Grand Soleil, con la coperta in teak, immagino il futuro che volevo per i miei da piccola, ai Caraibi, a godersi la pensione, a mandare cartoline ai nipoti da fondali di smeraldo con le facce belle nere e rugose.
Poi mi stupisco di questi pensieri, di come la mia mente sia ancora in grado di vedere con occhi da bambina, di come il broncio che ne deriva, soprattutto, sia un broncio da bambina. Allora inizio a percorrere chilometri, su e giù fra i pontili, leggendo i nomi di questi grandi cavalli del mare, pazienti, silenziosi e composti, in fila uno accanto all’altro, come in una stalla.
Chi ha vissuto il porto lo ha fatto milioni di volte e, se non lo ha mai fatto, ha sprecato occasioni; io e Lucia lo facevamo spesso, a volte associando alla lettura delle sfide di memoria o inventando storie a partire da quegli spunti. Che bambina sciocca, e che donna scioccamente romantica è venuta fuori da quella bambina! Con una mente così lontana dal pragmatismo, dalle scadenze, dai doveri.
Poi leggo “Denver”, e mi ricordo che un mio dovere è volermi bene (l’associazione non è difficile per chi ricorda la sigla del cartone di quel cucciolone verde senza età). Volermi bene anche così, anche se ho troppa fiducia e spesso vengo delusa, come coloro che ancora credono agli unicorni.
La barca ormeggiata accanto a Denver si chiama per l’appunto Little Unicorn, e sfoggia sulla poppa un bel cavallino stilizzato corredato di bernoccolo appuntito e coda arcobaleno. Troppo evidente per non leggerci un segno. Mi prendo in giro da sola per questi pensieri magici e infantili, ma è un dileggio bonario.
Continuo ad osservare e a pensare. Ogni barca appartiene a qualcuno. Chi sono queste persone? Cosa staranno facendo in questo momento? Intanto il sole si specchia negli oblò e riluce, formando alcune stelle accecanti in mezzo al blu e al bianco. Lasciano abbandonati questi scafi, alla mercé di alghe e denti di cane? Oppure contano i giorni che li separano dalle ferie, quando finalmente potranno prendere il mare (o più probabilmente passare un paio di pomeriggi a svuotare la pompa di sentina e uno in mare appena fuori il porto)? Inizio ad accorgermi del ticchettio sincopato delle sartie sugli alberi, nonostante il poco vento.
Che anime maledette, i proprietari delle barche! Ne vedo una mezza dozzina, durante il percorso, intenti a “lavorare”; che su una barca significa risolvere un problema, apportare una miglioria, dare sfogo alla propria creatività per rendere più funzionale un’operazione. Insomma, prendersi cura. Che anime dannate, queste, che sprecano una giornata di sole a dicembre a stondare uno spigolo, riavvitare un pezzo, scartarne un altro.
Si danno la punizione da soli per non essere come tutti gli altri, intenti, in una fantastica giornata di sole di metà dicembre, a non far passare avanti l’altro cliente nella coda alla cassa, carichi di sacchettini infiocchettati contenenti gli ultimi regalini di Natale. No, molti proprietari di barche non sono capaci di dedicarsi in quel modo agli oggetti. Ne scelgono pochi, come una barca, e dedicano, regalano a ciò il proprio tempo: un regalo che, come una magia, fa diventare quel bene galleggiante qualcosa di più, gli fa nascere come un’anima.
Ed è proprio quella, l’anima, la mia, che si ristora di fronte a tutti questi alberi e a tutti questi pensieri, tanto che ad un tratto mi sorprendo a sorridere; chissà quando è affiorato questo sorriso o perché. Mano a mano che osservo, ascolto e odoro l’insieme di questi oggetti, sento la loro compagnia, come in una foresta animata da essere liberi, sereni e pacifici.
E’ dicembre, c’è il sole e fa caldo. Nonostante la malinconia continui a scavare nel cuore, il mio sorriso mi dice che scava solo per fare spazio a nuove gioie, più grandi.
Eleonora Zingoni
Un quadro meraviglioso! Grazie Eleonora… sei proprio Zingoni!😘