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Manchette di prima

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La storia di Noemi Peis. I sogni diventano realtà se ci credi e se.…

Nel nos­tro nav­i­gare sui vari social spes­so ci capi­ta di leg­gere sto­rie strane, sto­rie sur­re­ali e sto­rie come ques­ta. Una sto­ria di sac­ri­fi­ci, di sper­anze, di sog­ni.
Noe­mi la conos­ci­amo bene, l’ abbi­amo vista crescere e sap­pi­amo che nel momen­to che è venu­to a man­care Non­no Camil­lo, il suo non­no ma anche il non­no di tut­ta Por­to Azzur­ro, lei, come tut­ta la sua famiglia ha sof­fer­to come non mai.
Quel non­no che, come ci rac­con­ta lei, anche quan­do non era più pre­sente fisi­ca­mente, gli ha dato la forza di con­tin­uare a credere in quel­lo che sta­va facen­do e sta­va sog­nan­do.
È una bel­la sto­ria e, per chi non l’ avesse let­ta, lo fac­cia ora.
Sapete sec­on­do noi qual’è la morale di questo post? Spes­so si sente la frase: ” Ehhh questi gio­vani”… forse i gio­vani han­no bisog­no di fon­da­men­ta solide e for­ti come lo è sta­to Non­no Camil­lo per lei, per­chè i gio­vani non sono tut­ti dei ghiozzi, degli irre­spon­s­abili e dei casin­isti, anzi, forse è pro­prio l’ esat­to con­trario e in questo post che ha scrit­to Noe­mi su Face­book questo esce fuori.
Bra­va Noe­mi e auguri per tut­to quel­lo che stai facen­do, non abbi­amo dub­bi che Camil­lo ne sia più che fiero.

” Quan­do sono par­ti­ta, più di quat­tro anni fa, ero una ragazz­i­na con in mano una vali­gia sostanzial­mente vuo­ta.
Però ques­ta vali­gia era pesan­tis­si­ma per una come me.
Era piena di sog­ni, sper­anze e aspet­ta­tive. Ave­va den­tro la voglia di riscat­to, la voglia di dimostrare quel­lo che ero in gra­do di essere e diventare.
Non ero mai sta­ta lon­tano da casa per più di una set­ti­mana e sape­vo che una vol­ta var­ca­ta quel­la por­ta non avrei più avu­to la forza di tornare indi­etro.
C’era la mia vita in gio­co, una vita imposta­ta tut­ta su questo lavoro.
Una vita che gli altri non mi avreb­bero mai vis­to cuci­ta addos­so, ma io la sen­ti­vo den­tro da quan­do ave­vo 6 anni.
Vole­vo pot­er dire “ce l’ho fat­ta da sola”.
Non sono sta­ti facili questi quat­tro anni.
Ci sono sta­ti momen­ti che ho pen­sato di torn­armene a casa per­ché a vent’anni rin­un­cia­re sem­bra la soluzione migliore. Però avrei rin­un­ci­a­to al mio sog­no per cosa? Per incom­pren­sioni lavo­ra­tive? Per man­canze che pote­vo col­mare in qual­si­asi modo?
L’unica vol­ta che avrei potu­to rin­un­cia­re sen­za delud­ere me stes­sa è sta­ta quan­do se n’è anda­ta la parte di cuore più impor­tante, e li avrei delu­so lui.
Da quel giorno, ho rim­boc­ca­to le maniche e mi sono fat­ta forza alzan­do gli occhi al cielo.
Ad oggi, pos­so dire di essere cresci­u­ta molto.
Chi l’avrebbe mai det­to che sarei rius­ci­ta a non man­dare in culo qualche uffi­ciale?
“Con rispet­to ed edu­cazione si arri­va più lon­tano.”. Ques­ta è la frase che mi sono sem­pre ripetu­ta nel­la mia tes­ta.
Delle volte ho dovu­to con­tare, e fino a dieci non bas­ta­va qua­si mai..
Non pen­so di essere un eroe ones­ta­mente perche ques­ta scelta la fan­no migli­a­ia di ragazzi ogni anno, ma quan­do mi guar­do allo spec­chio vedo la Noe­mi che sog­na­vo da pic­co­la.
Ad oggi, questo gra­do, ques­ta uni­forme, ques­ta vita le devo alla mia forza d’animo, ma anche alla mia famiglia, ai miei ami­ci, al mio ragaz­zo e a tut­ti i fan­tas­ti­ci col­leghi che ho avu­to la pos­si­bil­ità di conoscere.
La mia famiglia mi ha sem­pre sostenu­to, sen­za bas­toni tra le ruote, sen­za impo­sizioni.
Han­no cre­du­to in me fin dal pri­mo giorno.
Dalle lacrime di non­no il giorno del giu­ra­men­to, alla voce spez­za­ta di mio fratel­lo il giorno che gli ho det­to “ce l’abbiamo fat­ta”.
Da mam­ma e bab­bo che mi han­no segui­to in ogni cit­tà, e che con la gius­ta sever­ità mi han­no stres­sato l’anima affinché io potes­si dare il mas­si­mo anche quan­do non ave­vo voglia.
I miei ami­ci. E par­lo di quel­li che mi por­to nel cuore dalle ele­men­tari, se non dall’asilo.
Loro, che ogni vol­ta che tor­na­vo a casa ci sono sem­pre sta­ti.
Il mio ragaz­zo, che tra pianti e sor­risi, tra scle­ri e momen­ti di dol­cez­za, non ha mai smes­so di credere in me.
Che ogni giorno, ogni fot­tutis­si­mo giorno, mi da la forza per far­mi capire che io sono come tut­ti gli altri, e come ce la fan­no loro pos­so farcela anche io.
I miei col­leghi, che tra chi ci è sta­to solo di pas­sag­gio e chi è rimas­to, mi han­no inseg­na­to tan­to.
Dai più anzian­ot­ti ai più rospi come me, ognuno di voi mi ha inseg­na­to qual­cosa sul­lo stare al mon­do pri­ma di tut­to.
Però, las­ci­ateme­lo dire.
Se la tes­ta si speg­ne non vai da nes­suna parte.
Quin­di gra­zie a tut­ti, ma gra­zie a me stes­sa per non aver mai smes­so di cred­er­ci e non aver mai mol­la­to.” 

 

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