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Nel nome di Giacinto: due borse di studio per far vivere la memoria, accendere il futuro

Ci sono per­so­ne che, anche quan­do non ci sono più, rie­sco­no anco­ra a par­la­re. Lo fan­no attra­ver­so le loro scel­te, i gesti quo­ti­dia­ni, i valo­ri che han­no sapu­to tra­smet­te­re. Lo fan­no lascian­do un segno, uno di quel­li che non sva­ni­sce nel tem­po. Gia­cin­to Sam­bu­co è una di que­ste per­so­ne. All’Istituto Fore­si di Por­to­fer­ra­io, nel Liceo Clas­si­co dove anche Gia­cin­to ave­va stu­dia­to, si è svol­ta una ceri­mo­nia dal sapo­re pro­fon­do e lumi­no­so: la con­se­gna di due bor­se di stu­dio inti­to­la­te pro­prio a lui. A rice­ver­le, due stu­den­tes­se bril­lan­ti, Danie­la Caret­ti e Nora Pri­gnac­ca, entram­be diplo­ma­te con il mas­si­mo dei voti, 100 e lode. Ma que­sta non è solo una pre­mia­zio­ne. È qual­co­sa di più. È un mes­sag­gio che arri­va da lon­ta­no e par­la al cuo­re di chi oggi è gio­va­ne e si affac­cia al mon­do. È un’eredità mora­le. È il segno che l’impegno, la pas­sio­ne e la curio­si­tà sono anco­ra valo­ri da custo­di­re, da col­ti­va­re, da pre­mia­re. Alla ceri­mo­nia era pre­sen­te anche Sonia Masel­li, moglie di Gia­cin­to, con quel­la discre­zio­ne e quel­la dol­cez­za che solo chi cono­sce il peso dell’assenza può por­ta­re con gra­zia. La sua pre­sen­za ha reso anco­ra più vivo il ricor­do di un uomo che, seb­be­ne non amas­se appa­ri­re, sape­va esser­ci sem­pre: per gli ami­ci, per la fami­glia, per il lavo­ro, per la vita. Gia­cin­to, lo dico­no in mol­ti, non fu for­se uno “stu­den­te model­lo”. Ma fu uno stu­den­te atten­to, curio­so, capa­ce di impa­ra­re tra quei ban­chi le lezio­ni che dav­ve­ro con­ta­no: il rispet­to, la respon­sa­bi­li­tà, il corag­gio. E fu pro­prio con que­sti valo­ri che fece cre­sce­re l’azienda di fami­glia nel set­to­re turi­sti­co, affron­tan­do le sfi­de del pre­sen­te con quel­la for­za gen­ti­le che lo con­trad­di­stin­gue­va. Die­tro il suo carat­te­re schiet­to si nascon­de­va una sen­si­bi­li­tà auten­ti­ca, quel­la di chi sa esse­re ami­co, gui­da, rifu­gio. Di chi lascia un vuo­to vero, ma anche un ricor­do poten­te. Ecco per­ché oggi, a distan­za di anni, i suoi ami­ci han­no volu­to che il suo nome tor­nas­se tra quei ban­chi. Per­ché le nuo­ve gene­ra­zio­ni pos­sa­no sen­tir­lo anco­ra, come una voce che sus­sur­ra:“Sia­te curio­si. Non smet­te­te mai di emo­zio­nar­vi, di entu­sia­smar­vi davan­ti alle sfi­de e alle avven­tu­re.”Oggi, lo abbia­mo det­to noi, per lui. Con un pen­sie­ro che non si spe­gne. Con una gra­ti­tu­di­ne che si fa esem­pio. Con la cer­tez­za che la memo­ria, quan­do è con­di­vi­sa, può dav­ve­ro tra­sfor­mar­si in futu­ro.

 

 

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