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Rugby, abbracci e cucchiai di legno: un ritorno al futuro

C’è qual­co­sa che il tem­po non rie­sce a scal­fi­re: lo spi­ri­to del rug­by, quel­lo vero, fat­to di ter­ra, sudo­re, abbrac­ci e sor­ri­si sin­ce­ri. Ieri, dopo tan­ti anni, è tor­na­ta una tra­di­zio­ne elba­na che sem­bra­va dimen­ti­ca­ta: la miti­ca par­ti­ta “Vec­chi con­tro Gio­va­ni”. Un even­to che non è solo sport, ma rito col­let­ti­vo, memo­ria con­di­vi­sa, ener­gia pura. Nata negli anni ’80 dal­la men­te e dal cuo­re di Wil­mar Saluz, figu­ra sim­bo­lo del rug­by iso­la­no, que­sta sfi­da ami­che­vo­le ha rap­pre­sen­ta­to per anni il momen­to più auten­ti­co di aggre­ga­zio­ne. Poi, come spes­so acca­de, il tem­po e le distra­zio­ni moder­ne han­no sfi­lac­cia­to i lega­mi, smar­ri­to i valo­ri, spen­to i riflet­to­ri su un appun­ta­men­to che inse­gna­va più di tan­te lezio­ni in aula. Ma Dome­ni­ca qual­co­sa è tor­na­to a brillare.Sul cam­po c’erano vol­ti segna­ti dal tem­po e altri fre­schi di gio­vi­nez­za, ma tut­ti uni­ti dal­lo stes­so spi­ri­to. Gli “anzia­ni”, alcu­ni dei qua­li ave­va­no comin­cia­to a pas­sar­si l’ovale pro­prio sot­to lo sguar­do di Saluz, sono tor­na­ti a indos­sa­re le scar­pet­te con grin­ta e cuo­re. I gio­va­ni, con rispet­to e iro­nia, han­no gio­ca­to, can­ta­to, e – soprat­tut­to – con­di­vi­so. Per­ché il rug­by è que­sto: gio­co di squa­dra, den­tro e fuo­ri dal cam­po. Emo­zio­ni vere, non costrui­te. Abbrac­ci tra gene­ra­zio­ni, risa­te tra chi si rico­no­sce nono­stan­te i capel­li gri­gi, uno sguar­do al cie­lo per chi non c’è più ma con­ti­nua a esse­re par­te del grup­po. E poi quel gesto fina­le, sim­bo­li­co, qua­si tea­tra­le ma cari­co di sen­so: il pas­sag­gio del cuc­chia­io di legno dai vin­ci­to­ri ai per­den­ti, tra cori, applau­si e qual­che lacri­ma trat­te­nu­ta a fati­ca. Non era solo una par­ti­ta. Era un recu­pe­ro di sen­so, di appar­te­nen­za, di memo­ria col­let­ti­va. Wil­mar il seme che hai pian­ta­to anni fa è tor­na­to a ger­mo­glia­re.

 

Ben­tor­na­to, vero rug­by. Ci eri man­ca­to.

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